Senza Dio, dove va l’uomo?

“Che cos’è il cristianesimo” è il titolo del libro che raccoglie gli scritti del Papa emerito Benedetto XVI e che, per sua espressa volontà, sono stati pubblicati dopo la sua morte. Una raccolta importante in cui sono affrontati alcuni temi cruciali per la vita cristiana.

Nell’intervento dedicato al rapporto tra le religioni e la tolleranza (tema che affronta necessariamente la questione della verità) possiamo leggere: “Il moderno Stato del mondo occidentale, difatti, da un lato si considera come un grande potere di tolleranza che rompe con le tradizioni stolte e prerazionali di tutte le religioni. Inoltre, con la sua radicale manipolazione dell’uomo e lo stravolgimento dei sessi attraverso l’ideologia gender, si contrappone in modo particolare al cristianesimo. Questa pretesa dittatoriale di aver sempre ragione da parte di un’apparente razionalità esige l’abbandono dell’antropologia cristiana e dello stile di vita che ne consegue, giudicato prerazionale.

L’intolleranza di questa apparente modernità nei confronti della fede cristiana ancora non si è trasformata in aperta persecuzione e tuttavia si presenta in modo sempre più autoritario, mirando a raggiungere, con una legislazione corrispondente, l’estinzione di ciò che è essenzialmente cristiano”.

Il tema della crisi dell’Occidente è da sempre presente negli interventi di Ratzinger/Benedetto che ha visto con largo anticipo l’allontanarsi della società non solo da una fede vissuta ma anche dalla visione dell’uomo che ne scaturisce.

Nel dialogo con Marcello Pera nel 2005 l’allora cardinale segnalava che “l’Occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo”.

La citazione postuma contiene una drammaticità inedita e tuttavia è difficile negare la sua verità. Mentre in molti paesi per i cristiani è in atto una vera persecuzione del sangue, nell’Occidente che fu cristianizzato la persecuzione consiste ormai nella cancellazione dell’immagine di Dio dalla concreta storia dell’uomo contemporaneo che viene così abbandonato alla sua illimitata libertà: così illimitata che può volgersi pure contro chi gliel’ha data e contro il suo stesso bene.

Uno degli inviti rivolti più volte da Ratzinger agli uomini di oggi riprendeva la provocazione di Pascal, “vivere come se Dio ci fosse”: l’Occidente contemporaneo sembra invece aver scelto l’altro corno del dilemma, vivere come se Dio non ci sia.

Se dimentichiamo questo crinale drammatico della storia non riusciamo a capire che il cristianesimo vissuto, che vivere perché Dio c’è ed è presente nel mondo, introduce un criterio di lettura della realtà e di intervento in essa profondamente alternativo. Un esempio.

«È stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra?». Questa la drammatica domanda di Francesco all’udienza del mercoledì, domanda che ha già in sé la risposta. Non è stato fatto il possibile perché lo sguardo con cui si è affrontato il problema Russia Ucraina ( e non da oggi, ma almeno da otto anni o forse addirittura dalla dissoluzione dell’impero sovietico ) non era all’altezza delle problematiche di quei territori, della loro storia, della loro identità cristiana e slava e da sempre travagliata.

Una volta riconosciuto che c’è la responsabilità di un invasore (la Russia, Putin) e la resistenza di un aggredito (Ucraina, Zelenski) le riflessioni sembrano piuttosto improntate al tifo (per una parte ma anche per l’altra) piuttosto che a un uso attento della ragione e a uno sguardo adeguato alla drammaticità dei fatti.

L’ubriacatura social che sta devastando le coscienze ci fa pensare alla guerra moderna come a un grande videogioco in cui dalle stanze dei bottoni si comandano droni, missili e tecnologie belliche sempre più potenti e invasive, mentre sul terreno la realtà richiama piuttosto gli scenari del primo grande conflitto mondiale con i fantaccini smembrati nelle trincee fangose dagli obici, oggi dai missili.

E, dramma nel dramma, oggi come allora, da una parte e dall’altra ci sono europei, addirittura ci sono cristiani l’un contro l’altro armato. E nel disastro non si vedono protagonisti all’altezza del dramma umano che va in scena ogni giorno.

“La situazione politica dell’Europa del Novecento nei paesi soggetti al Patto di Varsavia comportava, tra le altre cose, la cancellazione pesantissima di tutta la sua tradizione culturale. Questo appariva ai suoi occhi (di Giovanni Paolo II, ndr) non soltanto un’ingiustizia politica intollerabile, ma addirittura un crimine contro l’umanità. (…) E’ stata proprio l’incrollabile sicurezza nel fatto che non è possibile giocare con l’uomo, con i suoi diritti, con la sua libertà, neanche quando in ballo vi sono equilibri mondiali così importanti, l’impareggiabile risorsa a cui egli ha attinto quando ha incontrato Gorbaciov alla fine degli anni Ottanta. In lui ha trovato un uomo sensibile e capace di intendere il suo linguaggio e i valori etici che lo ispiravano.”(Joaquin Navarro-Valls, A Passo d’uomo, Mondadori, pag. 15-16)

Ecco la testimonianza che è possibile un criterio diverso con cui leggere la realtà e intervenire in essa per un bene maggiore. Ma se Dio con c’è, dove fondare i diritti dell’uomo e dei popoli, come affrontare limiti ed errori, il superamento dei conflitti e l’inevitabilità di una riconciliazione e del perdono?

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