Le radici della giustizia

La giustizia è la cartina tornasole per valutare la qualità e la vita dei governi e delle democrazie? Un interrogativo che si pone Francesco Occhetta, gesuita. Dal 1996 è segretario generale della Fondazione vaticana “Fratelli tutti” e docente associato alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, nel libro “Le radici della giustizia” edizioni San Paolo, già in vendita nelle librerie.

Quando percepiamo che la giustizia non è più difesa dei popoli? Quando donne e uomini subiscono una violenza, un abuso un sopruso o un’umiliazione oppure quando il potere degenera trasformandosi in corruzione, violenza e guerra.

Lo stesso Bertold Brecht rispose a questo interrogativo rimaneggiando un testo di Martin Niemoller che diceva “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”

La Giustizia nelle democrazie attuali dovrebbe essere vista come una vedetta sul ponte di una nave che valuta la qualità, i rischi della vita della democrazia stessa. L’autore spiega come funzioni la macchina della giustizia ai giorni nostri e fa un confronto con altri paesi Europei.

In Italia un processo civile dura in media 8 anni sono necessari 514 giorni in media per ottenere una sentenza di primo grado e quasi 1000 giorni per una sentenza di secondo grado e 1442 giorni per l’ultimo grado di giudizio. Nei paesi membri dell’Unione Europea in media un processo termina entro due anni 233 giorni per ottenere una sentenza in primo grado e 244 giorni in secondo grado e 238 giorni in ultima istanza.

La durata media di un processo penale in primo grado è di 749 giorni escludendo le indagini preliminari. La media nei paesi europei è di 138 giorni per ottenere sentenza in primo grado, 143 giorni per il secondo grado e 143 in ultima istanza.

Viviamo in un Paese con 379 avvocati ogni 100 mila abitanti. Un libro che non snocciola solo cifre e dati sterili sulla durata di processi ma che vuole dare un significato vero alla parola giustizia nel nostro Paese.

L’autore desidera una giustizia riparativa e conciliativa e si rifà al modello di giustizia della Bibbia che considera il fine della pena dove il colpevole riconosce il male commesso e permette di inizare un percorso di rieducazione.

Un libro che propone riflessioni, confronti sul tema della giustizia che deve avere come principale fondamento la riabilitazione di chi delinque e la dignità della vittima e che possa trovare una strada che porti alla riconciliazione tra chi subisce la violenza e chi ne è l’autore.

L’autore condivide l’idea che chi provoca un danno morale o fisico provoca una ferita profonda nella società partendo da questo presupposto le pene inflitte per i reati non curando l’aspetto riabilitativo di chi commette il fatto criminoso non risponde alla reale domanda di sete di giustizia della società.

La via giusta da seguire come scrive nella postprefazione il Card. Mauro Gamberti, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, “aprire una nuova fase della storia con spirito giubilare, da donne e uomini liberati, che nell’esperienza della giustizia non hanno trovato un labirinto di vendette e di soprusi ma la strada maestra per ritrovare dignità nel far crescere il bene comune.” (Do.Sa.)

Condividi:

Related posts