L’alfabeto di Dio

Il cardinale Gianfranco Ravasi, nel libro “L’alfabeto di Dio” (edizioni San Paolo) conduce il lettore verso la conoscenza delle lingue originali della Bibbia.

Il testo presenta due percorsi il primo dedicato all’Antico Testamento il secondo al Nuovo Testamento.

In entrambi i casi si sono selezionati dei vocaboli, una sessantina circa, che rappresenta la colonna portante di ambedue i testi sacri.

Lo scopo del libro è quello di presentare sia l’Antico che il Nuovo Testamento nelle loro lingue originali l’ebraico ed il greco.

Nell’Antico Testamento sono stati selezionati quei vocaboli che per importanza ne costituiscono la spina dorsale.

I vocaboli sono proposti nei caratteri originali, trascritti nel nostro alfabeto e spiegati perché rappresentano i temi fondamentali del messaggio delle Sacre Scritture.

E’ come essere in sintonia con Gesù che conosceva queste pagine, le ascoltava e le ripeteva ogni sabato durante le feste ebraiche a Nazareth, Cafarnao, Gerusalemme.

I vocaboli scelti a volte posseggono più di un significato difficile da esprimere con un nostro vocabolo. Ciò che conta è che lo studio dei termini ebraici consente di comprendere al meglio la Bibbia.

Si potrà capire meglio Dio con la sua azione creatrice e di salvatore così come si arriverà a comprendere l’uomo che con la sua libertà e anche peccatore è per questo ha bisogno di conversione ed espiazione.

La stessa operazione è stata fatta per il Nuovo Testamento dove sono stati selezionati i vocaboli fondamentali per il messaggio neo testamentario.

Le parole scelte sono in lingua greca che oltretutto ha generato molti nostri vocaboli dato che siamo eredi di quella cultura sia nella sua forma classica che in quelle ellenistica.

Il cristianesimo alle origini adottò molti di questi termini greci dando loro a volte significati diversi.

Per affrontare la lettura del libro occorre curiosità che ha alla base il latino “cura” che comporta impegno, tensione, preoccupazione.

Si è soliti dire “prendersi cura” ed occorre farlo anche con la fede che richiede studio e apprendimento nonché fatica.

Ricordando le parole di Santa Teresa “se io fossi stata prete avrei studiato a fondo l’ebraico e il greco per conoscere il pensiero divino nella forma in cui Dio si è degnato di esprimerla nel nostro linguaggio umano”.

Lo studio porta alla conoscenza e consente di comprendere meglio le cose: compresa la fede.

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