Qatar, Sumahoro. Quante ombre sull’Europa…

Scrivendo quindici giorni fa l’editoriale “Titanic Europa” non potevo certo immaginare l’esplosione del “caso Qatar”: l’arresto e la denuncia di importanti personaggi dell’establishment europeo accusati di aver ottenuto grandi quantità di denaro per diffondere un’immagine positiva dell’emirato sul fronte dei diritti dei lavoratori impiegati per la realizzazione degli impianti per i mondiali di calcio.

L’evento, di cui ancora non conosciamo la completa dimensione e le eventuali connessioni, sollecita ulteriori riflessioni sul tema dell’Europa.

Come premessa sarà tuttavia utile sottolineare come i più recenti eventi (Qatar e caso Sumahoro) abbiano colpito al cuore quel mondo progressista che da tangentopoli in poi si è impalcato a giudice della morale pubblica, scegliendo per sé la parte dei giusti e rivendicando per questo una permanenza al potere ben al di là della consistenza elettorale.

L’Europa appare oggi assalita da due poteri spesso tra loro alleati. Da un lato il potere del denaro, quantità immense di cui possono disporre alcuni stati e molti personaggi o società private. E dall’altro quello dell’ideologia che, in modo sempre più pervasivo, investe i modi dell’organizzazione sociale.

Da sempre le istituzioni europee sono oggetto dell’azione di lobbies economiche interessate allo svilupparsi delle diverse politiche europee, tanto è vero che esiste un registro dei portatori di interessi. Si stima che solo un terzo di quanti si muovono nell’ambito europeo siano iscritti al registro: il recente scandalo venuto alla luce apre inquietanti scenari su molte delle scelte che l’UE assume: ad esempio sull’acquisto, uso e diffusione dei vaccini nella pandemia, o su scelte di politica industriale che penalizzano alcuni settori a favore di altri…

Il potere del denaro si allea facilmente con quello dell’ideologia. Ne abbiamo un esempio nel campo ambientale: una giusta preoccupazione ecologica non può che avere al suo centro una adeguata concezione della persona mentre sembra prevalere nelle istituzioni europee quell’ambientalismo astratto e ideologico e astratto che si nutre di allarmismi esagerati e vuole imporre modelli di società che sarebbero sostenibili solo da solo da parti privilegiate della popolazione.

Ne è un buon esempio la politica dell’automobile con la penalizzazione delle auto tradizionali a favore di quelle elettriche si penalizza l’industria occidentale – all’avanguardia in questo campo e capace di essere sempre più innovativa – e favorisce i paesi come la Cina che possono disporre delle materie e delle tecnologia necessarie.

Sarebbe interessante sapere quali siano gli sponsor (paesi o gruppi) che influenzano queste scelte, quali siano gli interessi attorno ai limiti del contante e all’obbligo delle carte. La trasparenza in questi casi non può essere evitata per non avere sorprese in futuro.

L’assalto dell’ideologia alle istituzioni europee è particolarmente forte nel campo dei comportamenti e dei valori della persona: l’assenza di una radice valoriale (la dimenticanza delle origini!) lascia le istituzioni europee alla mercé delle mode e delle emozioni del momento.

Così si spiegano i tentativi di indirizzare i comportamenti alimentari etichettando i cibi secondo diversi parametri che vorrebbero tutelare la salute dei consumatori; l’introduzione di insetti come alimenti benefici; la reintroduzione dei grandi carnivori (orsi e lupi) ai cui danni si sta solo ora iniziando a porre rimedio; il contrasto alle attività venatorie che ha reso intere zone d’Italia (compreso Roma) campo libero per le scorribande dei cinghiali. Ma ancor di più il tentativo di vincolare gli stati all’applicazione dei cosiddetti nuovi diritti (matrimoni same sex, adozioni per coppie omosessuali, eutanasia e simili.

Questa Europa ha bisogno urgente di una revisione profonda, di essere innervata dalla migliore tradizione europea che non può prescindere dal contributo del cristianesimo nelle sue declinazioni.

Forse è venuto il tempo di porre fine al ” pervasivo e ubiquo dominio del “progressismo”, spintosi sin nelle pieghe più riposte e in pressoché ogni interstizio delle mentalità sociali odierne” e, come suggerisce l’antico rettore della Cattolica: “Riconoscere al pensiero conservatore il suo giusto posto nella cultura europea, in definitiva, aiuta a non disegnare in modo frettoloso o artificioso le genealogie storiche e sociali, oltre agli sviluppi e ai cambiamenti, di concezioni politiche che stanno riemergendo in tutte le attuali democrazie.

E forse aiuta anche a fare sì che le mentalità collettive e gli stili di vita, oggi egemoni o soltanto più appariscenti, non finiscano completamente impantanati in quello che Mannheim stesso, stigmatizzandolo, chiamava il «realismo della disillusione”. (Lorenzo Ornaghi su Studi cattolici, dicembre 2022).

Una riflessione che merita di essere attentamente valutata per aprire – senza nuove illusioni – una nuova stagione di crescita.

didascalia: Foto di TheAndrasBarta da Pixabay

Condividi:

Related posts