Per Zuckerberg, con il metaverso, è finita la pacchia?

“La scure di Zuckerberg su Facebook. Meta taglia 11 mila posti di lavoro” titolava, giovedì 10 Novembre, il Corriere della sera a pagina 25.

L’autrice dell’articolo, Martina Pennisi, ha dato voce all’ Imprenditore statunitense che per spiegare la decisione di ridurre drasticamente il personale della sua azienda informatica ha ammesso di avere già perso 3,7 miliardi di dollari e di prevedere di perderne altri nel 2023 per il progetto del metaverso.

Per capire di che cosa stiamo parlando prendiamo a prestito le parole di Matthew Ball, autore del compendio “The Metaverse Primer”, il quale spiega che «Il Metaverso èuna rete perdurante di mondi 3D che si espande in tempo reale, che restituisce unsenso d’identità continuo nel tempo, in cui gli oggetti permangono e che tiene memoria delle transazioni effettuate in passato.

Un numero di utenti illimitato,ognuno con il proprio senso di presenza fisica, ne può fare esperienza sincronicamente».

Adesso sappiamo che la martellante pubblicità su televisioni, radio, giornali per convincere l’opinione pubblica italiana ad entrare nell’ottica del metaverso è stata commissionata da Zuckerberg e che, almeno per ora, non ha avuto gli esiti sperati.

Quest’idea di traslare tutto in un mondo virtuale, con avatar che succhiano l’anima ed estraniano, è profondamente antiumana.

L’Informatico statunitense conferma inoltre che «non solo l’e-commerce non è più tornato ai livelli della fase acuta della pandemia, ma la recessione macroeconomica, l’aumento della concorrenza e il calo della pubblicità online hanno fatto sì che le nostre entrate fossero molto più basse di quanto mi aspettassi».

Eccoci al punto in cui volevamo arrivare: la pubblicità. Nei 2,9 miliardi di utenti attivi di Facebook (a Settembre 2022) c’erano e ci sono tanti imprenditori italiani che investono risorse per tenere viva e alta la “reputazione” della pagina con cui presentano sé stessi o la loro azienda ai clienti.

Facebook, Google, Instagram, come tante altre multinazionali con clienti sparsi in tutti i continenti, accumulano ingenti profitti sui quali pagano tasse irrisorie grazie alle sedi legali ubicate in compiacenti Paesi (come Olanda e Irlanda, per restare in Europa), che risultano dei veri e propri paradisi fiscali.

La pubblicità è lo strumento più efficace per controllare i media, tutti i media, social compresi. Chi controlla i media, di fatto, controlla l’opinione pubblica. Non tutta, certo, ma una gran parte, di sicuro. Soprattutto riesce a controllare quelle persone poco inclini a seguire i fatti politici (che sono la maggioranza), o non smaliziate o concentrate nel proprio lavoro.

Si potrebbero fare migliaia di esempi di manipolazione dell’opinione pubblica attraverso i media, sostenuti ad arte dalla pubblicità e non dalle vendite o dagli indici di ascolto. L’ultimo, il più macroscopico, è la narrazione delle elezioni di midterm negli Stati Uniti. All’unisono, telegiornali, radiogiornali e quotidiani hanno spiegato agli italiani che Biden è un grande presidente, più capace dei suoi predecessori democratici, perché ha perso, sì, il controllo del Congresso, ma con un numero di seggi inferiore a quanto accaduto in passato. Inoltre è Trump il vero sconfitto perché, mentre alcuni suoi candidati non sono stati eletti, un astro nascente potrebbe insidiargli la corsa alla Casa Bianca nel 2024, il governatore della Florida, Ron DeSantis. Insomma una lettura a senso unico perché il popolo apprenda quanto efficiente – e nel giusto – sia l’attuale leadership statunitense.

I “giornaloni” si sono dimenticati di accennare ad un piccolissimo particolare: nei prossimi due anni il presidente Biden sarà costretto a mediare i suoi atti con l’opposizione repubblicana, con effetti e ripercussioni che andranno ben oltre i confini nazionali. Il Congresso a maggioranza repubblicana potrebbe anche far aprire un’indagine su alcuni torbidi affari in Ucraina e in Cina diHunter Biden, secondo genito del Presidente.

Se si eccettuano pochissimi giornali(come “La Verità” e “Panorama”),si comprende allora perché a fare un’informazione alternativa, libera da condizionamenti e con interpretazioni genuine dei fatti, siano rimaste quelle testate online che non sono sostenute dalla pubblicità raccolta e distribuita dai Centri che controllano il mainstream mediatico.

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