Meeting di Rimini: dialogo, speranza e pace

Con grande aderenza alla realtà ma con lo sguardo puntato con decisione verso la Croce, simbolo di speranza e salvezza. Molti gli spunti forniti dall’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, cardinal Matteo Zuppi, durante l’omelia della Messa celebrata al meeting di Comunione e LIberazione di Rimini. La prima stella polare a cui riferirsi, a suo avviso, sono “i profeti che non chiudono gli occhi per immaginare quello che non esiste”.

Il loro messaggio, anzi, conserva intonsa la sua attualità perché, ha aggiunto, “ci aiutano a vedere e cercare oggi, quando ancora non c’è, il nostro futuro, perché ci sia e perchè ci sarà”. Un futuro che ha per compagno un Dio “nella storia , non fuori”. E che aiuta a leggere bene tra i meandri del proprio cuore affrancandosi dal “vero oppio che sono le tante dipendenza distribuite largamente da un mondo che non sa ascoltare più la parola di Dio come parola d’amore che cambia sia noi che la storia”.

Zuppi invita, sempre sulla scorta dell’esempio dei profeti, ognuno a fare della casa della sua anima una preghiera assecondando il bisogno di “un mondo che diventi amico e in cui ognuno possa essere amico, costruendo comunione per l’intera famiglia umana”. Messaggio universale, aggiunge, nel tempo come nello spazio.

Un messaggio che fa rifuggire l’Io dalla tentazione di chi “si crede l’Unico e sente gli altri estranei e nemici”. L’Io non può scorgere se stesso, prosegue, senza una saldatura tra il tu e il noi. “Gesù chiama amico ognuno di noi – spiega – anche quando ci difendiamo da lui o lo tradiamo, e lo fa fino alla fine sua e nostra perchè l’amicizia non finisca e sia più forte di qualsiasi delusione e amarezza”. Solo seguendolo sarà possibile scoprirsi “amici e non servi”. Ed essere “testimoni di un’amicizia che non finisce” nel cammino, pur talora tortuoso, dei giorni. Il male di cui l’individuo soffre e può liberarsi, aggiunge il cardinale Zuppi, è il suo ammalarsi “quando non trova il prossimo o pensa di poterne fare a meno e salvarsi da solo”.

Rivolgendosi ai presenti, il presidente della Cei ha richiamato la parola di papa Francesco che ha chiesto di “essere pronti a un’amicizia universale, che inizia dall’amicizia tra voi ma non si chiude in un’etnia, bensì è aperta a cogliere il bene che chiunque può portare alla vita di tutti”. E, citando don Giussani, aggiunge ” è abolita l’estraneità”. Un incontro solidale, ma anche creativo, per il cardinale Zuppi, quello che avviene grazie all’amicizia.

“Cambia tutti – prosegue – Gesù, la cananea, i discepoli, e papa Francesco ama dire che nell’incontro non vince l’uno o l’altro ma vince una cosa nuova”. Zuppi fa riferimento al difficile incontro tra il Cristo e la donna siro-fenicia: “si misura con l’insistenza della donna – afferma – con una richiesta inaspettata, all’inizio fastidiosa, inopportuna, l’amicizia è più forte,alla donna basta una briciola, non pensa che il problema sia troppo grande e che non possa trovare la guarigione, non si rassegna alla sofferenza , ama sua figlia e in Gesù ha intuito di aver trovato colui ch può guarirla”.

E’ quel Gesù che “ha cambiato con gioia la nostra vita, molte volte senza nessuna insistenza da parte nostra, forse anzi qualche diffidenza”. La donna siro-fenicia diventa così il paradigma per il cristiano di chi “non deve vergognarsi a chiedere, a essere insistenti con la preghiera e l’amicizia con tutti, perché il desiderio di una vita piena trovi sempre la sua risposta”. E nella convinzione finale che “non possiamo dirci amici se non amiamo il destino dell’altro sopra ogni cosa , al di là di qualsiasi tornaconto”.

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