Quella Cenerentola Italiana chiamata difesa

di Daniele Carozzi Il nostro strumento di Difesa? Vecchio e inadeguato perché snaturato dalle funzioni prettamente militari; non ha una visione strategica e alla NATO fa promesse che non mantiene. Quanto alla Lombardia, depauperata da ogni reparto militare operativo, non saremmo in grado di far fronte a improvvise calamità naturali.

Il grande vantaggio dei generali in quiescenza è che possono esprimere le loro opinioni e dare suggerimenti utili senza rischiare di essere rimossi. Come pare accada a chi è in servizio…

La serata shock sul tragico panorama del nostro comparto Forze Armate si è tenuta giovedì 10 novembre a Regione Lombardia, grazie al supporto di Christian Garavaglia, Capo gruppo FdI di Regione Lombardia, e Stefano Maullo coordinatore FdI di Milano, che hanno portato i loro saluti ai numerosi presenti mettendo l’accento sul fatto che i relatori possono dare utili suggerimenti al Governo in tema di Difesa. Moderati dal Gen. (B) Francesco Cosimato, si sono via via succeduti i colleghi. Secondo il Gen. (B) Maurizio Carlo Iacono, la legge 244 del 2012, o legge Di Paola, che ha previsto un taglio del 40% delle Forze Armate, era già vecchia e orfana di strategie prima ancora di entrare in funzione. «Il nostro strumento militare – continua Iacono – ormai modellato per concorsi istituzionali con Strade Sicure, protezione dei siti sensibili, campagne antimafia, ha perso la sua peculiarità militare, la sua anima.

E dunque, tanto per essere chiari, la capacità di addestrarsi per fare la guerra». Motivi politici di troppi governi votati ad una onirica e buonista visione che escludeva conflitti, ci hanno fatto scordare l’importanza di uno strumento militare efficiente. Ma ora, con il nervosismo internazionale che stiamo vivendo, «dobbiamo precauzionalmente recuperare le nostre capacità militari. Con la formazione degli uomini e l’ammodernamento di mezzi e materiali.

Ma se anche cominciassimo domani, ci vorrebbero anni. Non saremmo più in grado neppure di far fronte alle guerre convenzionali. Sono scomparse le competenze e mancano i fondi necessari». Quanto alla NATO? «Siamo il ventre molle dell’Alleanza Atlantica. Non abbiamo una visione strategica che vada verso Oriente e abbiamo promesso un aumento del PIL Difesa al 2%, che però non stiamo mantenendo.

E la resilienza? Ovvero il preparare la Nazione al concetto di necessità, responsabilità e validità di una difesa NATO lo abbiamo fatto? Assolutamente no. I nostri giovani sono avulsi da qualsiasi modello o pensiero militare. Insomma stiamo navigando a vista.»

A rincarare la dose, ci pensa il Generale (D) Luigi Scollo, quello che la guerra l’ha fatta davvero a Nassirja vincendo la “Battaglia dei Ponti” con l’11° Bersaglieri.

«La “operazione militare speciale” (come la chiama Putin) in Ucraina è stata una sveglia per tutti i Paesi occidentali. Ma negli ultimi 50 anni abbiamo scordato il concetto di “guerra” e ora dobbiamo rivedere le nostre convinzioni in massa di uomini, riserve e scorte. Necessita un vigoroso ammodernamento dei mezzi, i cui investimenti vengono a volte spalmati su tempi talmente lunghi che gli ultimi usciti dalla produzione sono già tecnologicamente vecchi.

Dobbiamo rinnovare specialisti, materiali, munizioni, logistica. Oltre a ciò vi è da dire che su un reggimento di quattro battaglioni, possiamo utilizzarne solo tre quarti. Già, perché il 25%, per malattia, licenze o problemi familiari, non può essere attivo in teatro. Inoltre non abbiamo una difesa contraerea a lunga gittata, gli elicotteri Mangusta sono ormai obsoleti e speriamo che i nuovi H249 arrivino in tempi non biblici…

La nostra “riserva” di militari in caso di conflitto? Se Russia e Israele hanno richiamato 300 mila riservisti in poche ore o giorni, sapete di quanti possiamo disporne noi? Diecimila! E autorizzati ad utilizzare solo armi leggere.» Scollo vede però preziosa «la possibilità di utilizzare i soci delle Associazioni d’Arma quali istruttori di sci, di alpinismo, di tiro ecc. che possono addestrare le truppe».

Dopo l’internazionale e il nazionale, arriviamo ora alla Lombardia, dove ci intrattiene il Gen. (B) Mauro Arnò. «Nella sola Milano avevamo reggimenti di Alpini, Bersaglieri, Cavalleria, Genio e Artiglieria a Cavallo. Ora non esiste più nulla di tutto ciò. Eppure la Lombardia, regione più popolosa d’Italia con tre aeroporti internazionali e aziende multinazionali, necessiterebbe di maggiore tutela, di pronta sicurezza anche nel caso di grossi disagi naturali».

Ed ecco la proposta: «Noi abbiamo militari di truppa che, per una miopia visione da stato sociale assistenzialista, teniamo in uniforme fino a sessant’anni. Quando un operativo di truppa deve, per essere efficiente, averne al massimo 25 o 30. Potremmo dunque trasferire i militari “over 30 o 35” in reparti operativi per l’impiego nella Protezione Civile e tutela dei beni ambientali o artistici.

Lasceremmo così posto alla “linfa giovane” che vuole indossare l’uniforme. Con la sospensione della leva obbligatoria abbiamo perso un bagaglio culturale ed etico, un patrimonio di conoscenze che ci farà pentire. Esistevano selezionatori, medici, ufficiali che preparavano, nel solo Distretto di Milano, 25 o 30 mila giovani ogni anni. Ora tutta quella struttura è andata perduta.

La domanda di un giornalista su come ci troveremmo se, in caso di guerra, dovessimo ripristinare la leva obbligatoria tenendo conto delle obiezioni di coscienza, ha suscitato soltanto la sarcastica ilarità degli alti ufficiali.

didascalia: immagine di repertorio

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