Dieta del Nessuno

di Claudio Fragiacomo In un recente convegno, organizzato dal Consiglio Regionale del Veneto, dall’intrigante titolo “L’autonomia delle Terre Venete, uno sguardo tra passato e presente: a centosessant’anni dalla Dieta del Nessuno” si affronta il concetto di autonomia e, facendo riferimento agli accadimenti in Istria, si menziona la quasi sconosciuta (alla storiografia italiana) Dieta del Nessuno.

Dieta (ci ricordiamo dalla scuola della Dieta di Roncaglia e di quella di Worms) sta per assemblea, riunione di delegati, nell’accezione sinonimo di Parlamento. La “Dieta del Nessuno” è l’assemblea che è stata convocata a Parenzo nell’aprile del 1861 e che, chiamata a votare per individuare i deputati da mandare al Parlamento di Vienna, ha espresso la volontà di non designarne nessuno indicando “Nessuno” sulla scheda elettorale.

Perché?

A questo avvenimento molti studiosi hanno rivolto la loro attenzione, sia per far conoscere elementi poco noti della nostra storia, e portarli all’attenzione di storici distratti, che per affrontare un tema che è estremamente attuale anche oggigiorno, cioè quello dell’autonomia.

Le considerazioni che seguono, che propongo ai lettori. traggono spunto dagli studi di questi studiosi.

Quale la motivazione per apporre “Nessuno” in una scheda elettorale, rinunciando così ad un diritto elementare che concedeva a dei liberi cittadini, anche se scelti per censo in una cerchia ristretta, di esprimere delle opinioni sulla vita delle loro comunità ed eventualmente incidere sul loro futuro?

Bisogna rifarsi agli anni seguenti alle insurrezioni scoppiate intorno al marzo 1848 e alle speranze deluse a rivolte sedate.

Un testimone d’eccezione e interprete di quel periodo è il Prof. Giuseppe De Vergottini, che attraverso il lascito dei suoi antenati, che in prima persona parteciparono agli avvenimenti, ha commentato l’episodio in occasione di un convegno tenutosi a Parenzo 10 anni fa, (era il 150esimo della Dieta del Nessuno), con un ricordo biografico dedicato ai “De Vergottini di Parenzo”.

Interpretando le sue parole posso arguire che, malgrado le speranze suscitate dall’insurrezione di Venezia fossero temporaneamente naufragate, il seme di quella insurrezione si era insinuato nell’animo dei patrioti liberal-nazionali istriani ed il destino di questa provincia era ormai legato a quello del Veneto.

In quegli anni, che pur videro l’infrangersi del desiderio di affrancarsi da una pesante oppressione asburgica unendosi al Veneto, i patrioti istriani covarono il sogno della restaurazione dell’antica “Dominante” così amata dai suoi abitanti, e attraverso il Veneto partecipare al Risorgimento Italiano, anche se allora, più che una realtà, era un’aspirazione nella mente e nell’animo di pochi.

Quegli anni, iniziati con la promulgazione della patente di San Silvestro del 1851 che segnò il convinto assolutismo voluto dall’imperatore e dal suo primo-ministro Conte Bach, si prolungarono fino al 1860. L’autoritarismo esercitato da Francesco Giuseppe e dai suoi ministri giocò a favore dell’affermarsi nella classe liberal-nazionale istriana del concetto di separatismo, anziché di quello di autonomia, intendendosi per autonomia un’autonomia amministrativa, restando nella cornice legalitaria dell’impero. Quindi incominciava a prevalere l’idea di doversi staccare da Vienna, piuttosto che battersi per vedere garantiti nell’impero i diritti conquistati nei lunghi secoli di dominante veneta.

Maturava così l’idea di non farsi coinvolgere nel governo della propria provincia.

Dopo la sconfitta nella seconda guerra di indipendenza, Francesco Giuseppe decise di attuare una serie di riforme, chiudendo il periodo di Bach ed inaugurando nell’ottobre del 1860 (Diploma di Ottobre) un periodo di governo costituzionale.

La Patente successiva, del febbraio 1861, promulgava la legge elettorale per istituire, in province come l’Istria che non disponevano di organi di governo autonomi, una rappresentanza provinciale. In seno a questa rappresentanza dovevano essere eletti i deputati da mandare alla seconda camera del Parlamento di Vienna, mediante votazione e nel numero previsto dalla Patente di Febbraio.

Fu emanata l’ordinanza provinciale, che prevedeva una rappresentanza di 30 delegati, di cui 3 di diritto (non eletti, i tre vescovi della Provincia) ed i restanti da selezionare in 4 classi chiamate curie. Potevano votare solo coloro che disponevano di un certo censo.

Si arrivò alla data delle elezioni (6 aprile 1861), fin dall’inizio si delineò, nella maggioranza liberal nazionale, l’idea di non inviare nessun delegato a Vienna. Il 10 aprile vennero scrutinate le schede per le elezioni di detti delegati, risultarono 20 “Nessuno” su 29 votanti. Le elezioni vennero ripetute il 16 aprile, 20 Nessuno su 27 votanti.

Il tema della partecipazione o meno alla elezione dietale era stato a lungo dibattuto. Carlo Combi, di tendenze radical-separatiste, si era confrontato con Tommaso Luciani, personaggio erudito e elemento di primo piano del Risorgimento italiano in Istria. In una lettera a lui rivolta Combi aveva chiesto un parere su “quel maledetto imbarazzo che il diavolo volle cacciarci fra i piedi”, descrivendo così il dubbio che lo attanagliava. Luciani aveva risposto tracciando le caratteristiche che avrebbe dovuto avere il candidato adatto a rappresentare la Provincia a Vienna, evidenziandone le prerogative di correttezza morale, forza e senso civico.

Prevaleva in lui in quel momento la linea moderata autonomista, per motivi di opportunità politica

Chi fu allora l’ideatore del Nessuno? Un capodistriano, Nazario Stradi. Nelle sue memorie risulta che tutti i liberali erano d’accordo nel non mandare delegati a Vienna, ma non erano d’accordo sulle modalità per arrivare a questo risultato. “Dopo lunghe discussioni, io proposi che la votazione avvenisse per scheda e sulla scheda si apponesse il nome “Nessuno”- così dal suo diario.

Quindi si trattava di un gesto dimostrativo, risoluto, la cui portata probabilmente non era stata valutata fino in fondo, perché quel gesto risoluto avrebbe potuto mettere a repentaglio il futuro della Provincia.

Quindi la gestione liberal-nazionale era decisa di portare avanti la linea oltranzista e questa per ovvie ragioni non poteva essere tollerata dalle autorità asburgiche., che misero in campo una contromisura. I lavori vennero congelati e pochi mesi dopo, nel luglio del ’61, la Dieta venne sciolta. I corpi elettorali sarebbero stati convocati nuovamente perchè all’orizzonte c’erano nuove elezioni.

Il “Nessuno “ di Parenzo non fu l’unico episodio di contestazione nei confronti dall’impero: fu replicato a Fiume, nella Dieta Dalmata, nel Trentino ed in altre regioni dell’impero asburgico.

La storia continua….

(crediti Arcipelagoadriatico)

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