Te Deum alla Basilica di san Vittore martire a Varese

Omelia che monsignor Luigi Panighetti, prevosto di Varese, domenica 31 dicembre, durante la celebrazione delle 18, in occasione della Santa Messa di fine anno, conclusa col canto del Te Deum nella basilica di san Vittore martire a Varese.

Il tradizionale bilancio di fine anno potrebbe farci porre questa domanda: “Chiesa, cosa dici di questo tempo?„

Tempo in cui anche la nostra Varese e i territori limitrofi sono diventati terra di missione; tempo in cui la speranza cristiana va proposta in modo diverso che in passato e le prospettive pastorali sono difficili da concretizzare; tempo in cui violenza, odio e crudeltà sono ritornate di drammatica evidenza; tempo in cui spesso ci sentiamo perplessi e smarriti; tempo in cui la politica sembra incapace di una riflessione ampia e di respiro tale da leggere la realtà oltre le barriere ideologiche.

La Chiesa ancora ribadisce che il Vangelo deve continuamente essere annunciato perché è l’unica forza capace di rendere presente il Regno di Dio nel mondo e di riconfigurarlo proponendo vita, libertà e pace in mezzo ad angustie ed ingiustizie.

La Chiesa sempre vuole e deve annunciare la comunione e l’amicizia con Gesù possibile ad ogni persona.

L’avanzare della secolarizzazione sembra fenomeno senza appello, ma alcuni studiosi notano che l’indebolirsi delle istituzioni religiose non è automaticamente sinonimo dell’indebolirsi del credere. Secondo questo pensiero la secolarizzazione sarebbe una deregolamentazione del credente piuttosto che una perdita irreversibile. Ad una forma di riflusso della religiosità istituzionale si affiancano nuovi spazi e tempi della religiosità, e ciò in particolare per le giovani generazioni.

Forse è giusto affermare che non abbiamo ancora preso piena coscienza della profonda trasformazione che si sta producendo nel nostro tempo in cui il cristianesimo sembra perdere di rilevanza ed è coperto da una coltre – quasi incredibile – di incultura che inesorabilmente si lega alla indifferenza.

Dietro questo c’è la figura dell’uomo postmoderno che espande senza limiti i propri desideri individuali. Gli stessi cristiani affascinati dalle rivendicazioni di libertà senza limiti talora giudicano inaccettabili i comandamenti della Chiesa; una posizione, questa, contestata da gruppi che si dicono tradizionalisti e che vorrebbero radicalizzare le coscienze.

Entrambe le posizioni dicono quanto sia difficile confrontarsi con la cultura moderna e post moderna.

Uno dei corrosivi che dobbiamo contrastare è la diffusione del narcisismo, estremo limite dell’individualismo.

Costatiamo come nel rapporto interpersonale, anche affettivo tra uomo e donna, venga meno il rispetto per lasciare il posto a relazioni tossiche e possessive che hanno bisogno di una nuova prospettiva spirituale, umana e morale. E molto c’è da fare sul versante educativo.

Vediamo un innalzamento delle derive eutanasiche: nel tunnel della sofferenza e della malattia nessuno deve essere lasciato solo, ma accompagnato da adeguate cure palliative umane e sostenibili offrendo cura, vicinanza e senso, senza dover scegliere tra la vita e la libertà.

Assistiamo ad una “epidemia della paura„ in particolare riferita alla questione migratoria. Si continua a parlare di emergenza e non si studiano possibili soluzioni disponibili. Informazioni distorte inquinano il dibattito pubblico e i dati reali sono di fatto taciuti (cfr M. Ambrosini, MilanoSette, 10 dicembre 2023). C’è la necessità di uscire da schemi ideologici, evitare la propaganda e compiere scelte razionali.

Osserviamo una serie di attacchi, a volte anche violenti, al Magistero attraverso i social o campagne di stampa in cui i commentatori invece di proporre chiarimenti seminano sfiducia e confusione favorendo così lo scandalo di alcuni cristiani.

Esempi eloquenti di come l’individualismo narcisista possa condizionarci.

Ma questo tempo è a suo modo favorevole per ripensare molte cose dell’essere cristiani, superando definitivamente una certa religione dell’apparenza per cui si ritiene sufficiente la frequentazione dei riti. Più volte emerge lamento, piuttosto che preghiera, preparazione, meditazione e sequela.

È il tempo – questo – in cui assumere l’atteggiamento di Maria (Lc 2,19) che “che custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore„.

Dunque una Chiesa in ascolto dell’umanità con cuore evangelico come Maria.

Mai dobbiamo stancarci di porre la domanda cruciale, innanzitutto a noi stessi: se il Vangelo non fosse proclamato mancherebbe qualcosa di essenziale alla vita umana? (cfr A. Spadaro, Crisi e futuro della Chiesa, in “La Civiltà Cattolica”, 17 dicembre 2022).

Dice l’Apostolo Paolo ai Filippesi: “abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù„ (Fil 2,5): sono i sentimenti di affidamento al Padre e di fiducia verso gli uomini ai quali l’Apostolo consegna il Vangelo.

Innanzitutto va meditata e sviscerata la parola del Vangelo che chiama ad essere figli e individua la fraternità come destino.

Cristo attira a sé e propone la santità come strada possibile attraverso l’incontro delle relazioni personali, l’affetto dell’amico, l’amore, l’impegno gratuito, l’esercizio serio della responsabilità, il perseguimento disinteressato del bene comune. (cfr Francesco – Gaudete et Exsultate).

Sì, perché la fede rappresenta la chiave di lettura più completa della realtà: Gesù Cristo illumina ogni esperienza umana.

La fede cristiana è risposta alle grandi domande che abbiamo dentro e apertura al prossimo. È ascolto dello Spirito Santo e discernimento di ciò che viene da Lui. È capacità di comprendere la complessità della realtà attuale, riconoscere e rispettare le diversità. È il cammino impegnativo del dialogo.

“Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia„ (Nm 6,25).

Il tempo che viviamo e che ci aspetta è di transizione, quasi un esodo da vivere con intelligenza, coraggio e capacità di lettura sapienziale della realtà.

Al termine di questo anno che ha ricordato il 150°anniversario della morte di Alessandro Manzoni farebbe bene alla mente e al cuore considerare i sentimenti, gli atteggiamenti, i personaggi dei “Promessi Sposi„: forse ci aiuterebbe a fermarci, a dare nome a cosa si muove nel nostro intimo, ad educare i nostri sentimenti, a riconoscere il nostro limite. E a confidare nella Provvidenza: “la c’è la Provvidenza„, dice Renzo Tramaglino (cap. XVII).

Gesù domanda: “Volete andarvene anche voi?„ (Gv 6,67).

Con Pietro rispondiamo: “Signore, da chi andremo„.

Dice Mosè: “Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace„ (Nm 6,26).

La pace che imploriamo per noi e per tutti per l’anno che si apre.

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