I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Varese hanno svolto un’indagine delegata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Varese a carico di un curatore fallimentare il quale nel corso di un’udienza tenutasi dinanzi al Giudice Fallimentare ha dichiarato di aver distratto parte delle somme ricavate dalla vendita dei beni immobili di proprietà dei soci della società, utilizzandole illecitamente per fini propri, estranei alla procedura fallimentare di cui il citato professionista era stato nominato curatore.
Le indagini di polizia giudiziaria condotte dai finanzieri del Gruppo di Varese hanno messo in evidenza un collaudato sistema nel quale l’indagato riusciva a distrarre fondi dalle società in crisi, a discapito dei creditori per fini personali e totalmenti estranei al compito da lui accettato nell’ambito delle procedure fallimentari, laasciando i creditori con debiti ingenti ed in condizioni economiche precarie.
L’attività svolta dai finanzieri è stata approfondita tramite indagini tecniche nei confronti dell’indagato, escussione a sommarie informazioni di persone informate sui fatti (altri curatori fallimentari, dipendenti del Tribunale, soggetti falliti o titolari di società in concordato preventivo, dipendenti e/o collaboratori dell’indagato) e accertamenti bancari nonchè patrimoniali nei confronti dell’indagato e dei suoi collaboratori nonché con l’analisi della documentazione acquisita presso la Cancelleria Fallimentare.
Secondo la legge, il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale ed ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare nonchè compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’àmbito delle funzioni ad esso attribuite.
Nell’esercizio delle proprie funzioni di curatore nominato dal Tribunale di Varese, tutte le uscite ed i prelevamenti risultano frutto di un’attività illegittima posta in essere dal professionista in modo unilaterale e arbitrario, senza autorizzazione da parte del Tribunale e/o, comunque, senza effettiva causa e/o giustificazione sottostante, se non quella, solo apparente e artificiosa, di spese della procedura o d’amministrazione, o addirittura mediante l’utilizzo di documenti contraffatti quali gli ordini di pagamento con apposizione della firma falsa del Giudice o anche i rendiconti finanziari delle società gestite dallo stesso che venivano modificati in modo tale da non far risultare le spese non giustificabili dall’indagato.
Di fatto, l’indagato si è appropriato indebitamente di rilevanti somme di denaro di pertinenza di almeno 10 procedure fallimentari e concorsuali da lui gestite su incarico del Tribunale di Varese al deliberato illecito scopo di soddisfare propri interessi in danno della procedura andando così a concretizzare la fattispecie delittuosa di peculato.
L’indagato utilizzava i proventi illeciti sia per propri scopi personali quali, ad esempio, l’acquisto di autovetture, di immobili o il pagamento di tutte le spese inerenti viaggi in mete esotiche, sia trasferendoli in altre attività economiche, a lui comunque riconducibili, al fine di non consentirne l’identificazione della provenienza illecita rendendosi responsabile del reato di autoriciclaggio.
In definitiva, il profitto dei reati addebitati all’indagato nell’ambito della gestione delle diverse procedure fallimentari che gli sono state assegnate è stato quantificato in circa 1.300.000 euro. In seguito alle evidenze emerse, l’indagato è stato cancellato dall’albo dei Dottori Commercialisti di Varese.
L’operazione rappresenta un’ulteriore testimonianza del costante impegno del Corpo, in stretta sinergia con la locale Procura della Repubblica, quale presidio della legalità economico-finanziaria nel varesotto.
Le ipotesi investigative delineate in precedenza sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza della persona sottoposta ad indagini e che la responsabilità dell’indagato sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.