Egregio direttore,
per chi, come il sottoscritto, da anni si impegna, prima fuori dalle istituzioni, ed ora al suo interno, per ricordare quello che lo Stato ha deciso di imprimere nella giornata del 10 febbraio, ovvero il dramma delle foibe e l’esodo Giuliano Dalmata, il presidio antifascista organizzato dal Comune di Varese, quindi da un’istituzione, alla presenza di esponenti politici di primo piano, rappresenta un clamoroso errore, che fa compiere alle istituzioni un passo indietro nel lungo cammino della memoria accettata e condivisa.
La Giornata del Ricordo è stata istituita affinché vi fosse un momento da dedicare al ricordo di episodi ben precisi, così come avviene per la giornata della memoria il 27 gennaio, o il 4 Novembre, o il 25 Aprile.
Dal 2004, ovvero da quando per la prima volta si è celebrata questa giornata, 20 anni fa, le cerimonie e le iniziative organizzate dalle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati sono sempre contornate da un fuoco di contraerea di una certa parte della sinistra culturale e politica che giustifica o addirittura nega quanto avvenne dal 1943 al 1954 sui confini orientali d’Italia. Non passa anno senza che i numerosi monumenti, cippi, vie, piazze, giardinetti sparsi per lo Stivale dedicati ai martiri delle foibe o agli esuli subiscono episodi di danni o atti vandalici.
Come istituzioni, abbiamo il dovere di contribuire a tramandare la memoria ed il ricordo, di celebrare e dedicare le giornate come quella del 10 febbraio all’organizzazione di iniziative volte a questo scopo.
Il Comune di Varese ed il Sindaco Galimberti hanno perso una grande occasione.
Utilizzando pretestuosamente i saluti romani fatti durante il matrimonio di un esponente di Do.Ra di una settimana fa, è stata offuscata la Giornata del Ricordo a Varese organizzando un presidio antifascista, l’ennesimo, dove di tutto si è parlato tranne che del tema della giornata. Le polemiche, anziché il tema della Giornata, hanno dominato la cronaca.
Si è riusciti a cambiare l’agenda dei media, con un’incredibile piroetta dialettica ed organizzativa. Che motivo c’era di indire questa manifestazione proprio lo stesso giorno?
I fatti incriminati dei Do.Ra sono avvenuti giorni addietro. Il presidio si sarebbe potuto organizzare in qualsiasi altra data, antecedente o successiva, eppure si è scelta guarda caso, proprio il 10 febbraio. Evidentemente qualcuno aveva la necessità di strizzare l’occhio ad una parte di elettorato e di associazioni, quelle tra l’altro più ideologizzate e schierate, per motivi di opportunità politica. Non vedo altre letture.
Chissà se gli esponenti politici, quando nei loro discorsi e comunicati, hanno condannato “ogni totalitarismo” si riferivano anche al Comunismo e hanno guardato in faccia coloro che, presenti al presidio in Municipio, ancora oggi snobbano gli eventi delle foibe e dell’esodo, poiché eredi culturali di coloro che uccisero e seviziarono i nostri connazionali a Trieste, a Zara, a Fiume, a Pola. Chissà se non hanno provato un po’ di vergogna vedendo esibito il cartello con sopra la stella rossa, la stessa che portavano cucita sul berretto i partigiani rossi di Tito, infoibatori e persecutori di italiani.
Potevo aspettarmi questi inappropriati spettacoli da piccole forze politiche estremiste, ma non mi sarei mai aspettato un paravento istituzionale.
Chi è toccato direttamente dagli eventi oggi ricordati, come me e la mia famiglia, seppur marginalmente, ha provato sdegno e riprovazione.
Per fortuna, anche tra politici ed associazioni, c’è stato chi ha preso le distanze da questa inopportuna manifestazione, come i 5stelle e l’Anpi provinciale. bene ha fatto la Presidente dell’Anpi Ester De Tomasi a dissociarsi, specificando che “il 10 febbraio va rispettato e che ANPI ha sempre condannato le atroci esecuzioni sommarie delle Foibe”.
Io sono fiero, da 3 anni a questa parte, di parlare ai ragazzi della terza media di questa giornata, per raccontare loro la verità. Ogni anno gli studenti alla mia domanda “avete mai sentito parlare dell’esodo e delle foibe?” rispondono “No”. Da qui dobbiamo partire il 10 febbraio, non da strumentali presìdi antifascisti. Per quelli c’è il resto dell’anno.
Quanti di coloro presenti al presidio hanno organizzato direttamente qualche iniziativa per la Giornata del Ricordo? Cosa pensano in merito? Forse che le vittime erano tutti “fascisti” o che “se lo sono meritato” o che la colpa delle foibe è del regime fascista? Giustificazionisti e negazionisti, col beneplacito, questa volta, del Comune.
Si chiedano poi perché la vicenda di Istria e Dalmazia è stata negli anni portata avanti solo dai partiti e dai movimenti di centrodestra. Avrebbero piacere forse gli esuli a partecipare ad una manifestazione istituzionale dove si espongono cartelli con la stella rossa?
Ha ragione il Presidente Mattarella, quando dice che stigmatizzare quanto accaduto è “un affronto alle vittime e un danno alla coscienza dell’Italia. Un muro di silenzio e di oblio – un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità – si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto”. Questo muro di imbarazzo ed oblìo si è rialzato a Varese in occasione di questo inopportuno presidio, che ha calpestato il Ricordo.
Non basta certo la presenza del Sindaco, tra l’altro imposta per dovere istituzionale, alla consueta cerimonia con le associazioni Giuliane Dalmate, per dire di aver rispettato la storia delle vittime delle foibe e dell’Esodo.
Grazie per l’attenzione
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Dott. Leslie Giovanni Mulas
Sindaco di Besano
Piazza della Chiesa 2, Besano, 21050
Tel: 0332/916260
Signor Sindaco,
il testo della sua lettera è eloquente. Alcuni esponenti del Pd, la cui componente principale è figlia del Partito comunista, alimentano pervicacemente la divisione del Paese.
Per costoro qualsiasi occasione è utile per fomentare la discordia, aiutati in questo da buona parte del mondo dell’informazione.
Probabilmente il Sindaco di Varese e i deputati che lo hanno sostenuto ritengono che sia produttiva la politica dello scontro perenne. Dobbiamo augurarci per il bene dell’Italia che cittadini sempre più numerosi isolino i fomentatori dell’odio.
Una delle ragioni, che per tanti anni hanno gettato nell’oblio i fatti accaduti al confine orientale dal 1943 al 1956, è l’affinità tra i comunisti iugoslavi e quelli italiani, molti dei quali sono tutt’oggi presenti nelle istituzioni.
Evidentemente nel Sindaco di Varese e nei suoi sostenitori germoglia ancora l’orgoglio del retaggio lasciato dai comunisti titini. (a.c.)
Didascalia: l’immagine simbolo dell’esodo degli Istriani, Dalmati e Giuliani.