L’euroscetticismo cresce a causa delle scelte dei vertici europei

Aggregati ad un gruppo di imprenditori lombardi, ospiti dell’europarlamentare Pietro Fiocchi (del gruppo Conservatori e riformisti), siamo andati a respirare l’aria di Strasburgo alla vigilia di un’elezione che si preannuncia contrastata e faticosa.

Dal 6 al 9 Giugno 2024, esattamente a ottant’anni dallo sbarco degli Alleati in Normandia, 450 milioni di europei saranno chiamati alle urne per rinovare il parlamento dell’Unione. Sarà, per gli eletti alla dodicesima legislatura, un’occasione per ridare slancio alle istituzioni del Vecchio continente, a cominciare proprio dalla riforma del Parlamento che dovrà essere dotato di quel potere legislativo che tuttora non ha.

Non è a sproposito che sempre più insistentemente si parla di euroscetticismo, un sentimento di aperta critica ai vertici dell’Unione (presente in cittadini di tutti gli orientamenti politici), che non tutelerebbero gli interessi dei propri amministrati, ma quelli di sparute lobby economico-finanziarie internazionali.

A parte ridicoli provvedimenti come il diametro delle vongole per la loro commercializzazione o la registrazione con un codice di 14 cifre di una pecora destinata a trasferirsi da un luogo ad un altro, ha certamente contribuito ad allontanare i cittadini da Bruxelles la denuncia penale nei confronti del Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, riguardo lo scandalo degli scambi di sms privati da lei intrattenuti con Albert Bourla, amministratore delegato della casa farmaceutica Pfizer.

D’altra parte gli europei devono unirsi proprio alla luce delle nuove aree d’influenza geopolitica che si stanno delineando nel mondo. A chi ritiene conveniente sfasciare l’Unione europea rammentiamo che sarebbe come proporre di abolire le ferrovie perché i treni non arrivano in orario. La questione non è di privarsi delle strade ferrate, ma migliorare il servizio che possono dare, magari dotandosi di treni più moderni e di personale più qualificato.

È proprio quello che noi tutti – e qui ci riferiamo a noi italiani – dovremmo accingerci a fare per il prossimo 6-9 Giugno 2024: i partiti ad individuare candidati preparati e gli elettori a scegliere i più idonei a rappresentarli.

La posta in gioco è elevata: i prossimi parlamentari dovranno riformare il Parlamento e probabilmente riequilibrare i poteri delle varie istituzioni che garantiscono la stabilità democratica al Vecchio Continente.

Il mondo politico domestico deve rendersi conto che non si devono mandare a Strasburgo, a Bruxelles e a Lussemburgo, come per molti anni è avvenuto, i trombati alle elezioni nazionali o i personaggi scomodi. Fin dalle origini dell’Ue i tedeschi e i francesi hanno scelto le persone più preparate per occupare le istituzioni comunitarie, persone in grado di esprimersi in tre quattro lingue evitando così l’intermediazione dei traduttori nei colloqui con altri colleghi.

Ai propri deputati hanno poi affiancato eccellenti tecnici che li supportassero nei lavori di commissione in cui si determinano le risoluzioni destinate ad incidere sulla vita di milioni di europei. Oggi s’è cominciato a prendere coscienza che le decisioni prese dalla Commissione europea e ratificate dal Parlamento cesellano nei minimi particolari stili e comportamenti giungendo, in qualche caso, a snaturare persino consolidate tradizioni.

Ecco perché nella prossima legislatura sarà importante, non solo non disertare le urne, ma anche scegliere eccellenti rappresentanti. Un criterio per individuarli sarà valutare la loro propensione a riaffermare quei valori giudaico-cristiani, a lungo accantonati quando non deliberatamente soffocati, senza i quali non può esistere un’identità europea.

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