La politica si occupi dell’uomo

Si avvicinano le elezioni politiche e, come direbbe il “grande timoniere” Mao Tse Tung “grande è la confusione sotto il cielo”.

In effetti l’elettorato italiano, anche perché in vacanza, appare distaccato dalle vicende politiche, l’astensione appare nei sondaggi ancora molto ampia, il dibattito in corso sulla formazione delle coalizioni non ha ancora trovato un punto definitivo di equilibrio.

In questo contesto c’è la determinazione del segretario del PD Enrico Letta di trasformare in ogni modo la competizione elettorale in un duello bipolare tra lui e Giorgia Meloni. In questo spalleggiato dalle armate giornalistiche ben note (Corriere, Repubblica, Stampa,) che non mancano di evocare ad ogni piè sospinto scenari apocalittici per il nostro paese in caso di vittoria elettorale delle destre,

La realtà è forse più semplice. Dopo un quinquennio in cui le forze politiche hanno dato il peggio di sé in vari campi (dalla politica internazionale fino a quella sanitaria) e l’intervento salvifico di Draghi, c’è all’orizzonte un possibile profondo cambiamento del sistema di potere che da molti anni direttamente o indirettamente influenza il governo italiano.

Si tratta di un sistema al cui centro politico sta certamente il PD ma che è ben spalleggiato dalla gran parte dei media nonché dai veri padroni dei governi che sono gli esponenti della alta burocrazia che ne influenzano le principali scelte.

Nel caso di vittoria dell’alleanza di centrodestra questo sistema potrebbe finalmente andare in crisi e aprire nuovi spazi di crescita democratica per il Paese. Almeno questo è l’auspicio.

Tali spazi si sono sempre più ristretti. Dopo aver effettuato il taglio dei parlamentari in ossequio a un popolo che, sobillato dai media, chiedeva a gran voce la punizione della casta, le forze politiche avevano promesso la riforma della legge elettorale per dare maggior spazio alla partecipazione popolare: qualcuno si era spinto fino a ipotizzare un ritorno al sistema proporzionale.

Nulla di tutto questo è avvenuto e noi elettori ci troveremo il 25 Settembre con in mano due schede sulle quali – quasi come ai tempi del famigerato regime – potremo solo esprimere il consenso o rifiutarlo.

Non credo di esagerare, infatti sulla scheda l’elettore troverà il nome del candidato al collegio uninominale della sua coalizione che sarà quello indicato dagli accordi tra i leader, indipendentemente dal suo legame con il territorio che dovrà rappresentare. E poi sulla quota proporzionale del proprio partito di riferimento non ci sarà alcuna possibilità di scegliere qualcuno dei candidati presenti nella lista.

Trovare i responsabili di tutto questo è facile: i partiti infatti, tutti ormai, mettono nel proprio simbolo il nome del leader (che è l’unica cosa che si preoccupano realmente di far conoscere agli elettori, essendo il lavoro di dibattito e discussione sui programmi una procedura obsoleta sostituita ormai da qualche cinguettio su twitter o su altri social). In questo modo il parlamento non sarà realmente scelto dagli italiani che solo ratificheranno le candidature fatte dai leader dei partiti.

Quanto appare distante l’inizio del discorso con cui don Luigi Giussani intervenne a un congresso della Democrazia Cristiana lombarda al forum di Assago: “La politica, in quanto forma più compiuta di cultura, non può che trattenere come preoccupazione fondamentale l’uomo.”

Eppure questo breve frase ci può aiutare anche in questo momento di fronte alla scelta elettorale. Si tratta infatti principalmente di scegliere tra un’opzione che si autoproclama progressista, che definisce in primis l’alleanza di sinistra, e che mette i diritti inalienabili dell’uomo alla mercé dell’opinione corrente o di un criterio di maggioranza: in questo modo entrano nella legislazione come diritti questioni come l’aborto, l’eutanasia, le politiche di gender e più in generale una subalternità marcata alle culture sedicenti progressiste che si vanno affermando in altri paesi europei.

Nella coalizione di centrodestra, con tutti i limiti e le contraddizioni che la caratterizzano, rimane un ultimo rispetto per una concezione dell’uomo che si è formata nei secoli dalla tradizione cristiana e che rimane ancora viva in diversi ambienti di cultura laica.

Cosa poi avverrà nel nuovo parlamento è difficile da immaginare vista l’esperienza dell’ultima legislatura e i molteplici cambi di casacca dei parlamentari.

Si deve solo auspicare un soprassalto di responsabilità degli eletti perché sarà inevitabile cercare il più largo consenso per riforme costituzionali e istituzionali di cui il Paese ha ormai urgente bisogno.

(Don Luigi Giussani (1922 – 2005), teologo, acuto studioso del pensiero politico)

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