Sei studiosi spiegano il conservatorismo

Il conservatorismo è diventato un argomento di grande attualità da quando l’Italia ha un presidente del Consiglio dei ministri che è a capo dei conservatori europei.

Sei intellettuali si sono così fatti carico di inquadrare il tema in “Conservatori. Storia e attualità di un pensiero politico” (Edizioni Ares, pp. 304, € 20), un libro che, come si legge nella quarta pagina di copertina, «si richiama a un conservatorismo che guardi all’ordine politico e sociale precedente il 1789, alle sue radici religiose, alla sua antropologia naturale».

Ai curatori del volume, Marco Invernizzi, direttore di “Cristianità”, l’organo di Alleanza Cattolica e Oscar Sanguinetti, direttore del trimestrale “Cultura&Identità. Rivista di studi conservatori”, si sono affiancati, con specifici contributi, Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea alla Luiss di Roma, Francesco Pappalardo, direttore editoriale di “Cristianità”, Mauro Ronco, ex membro del Consiglio superiore della Magistratura e presidente del Centro studi Rosario Livatino e Andrea Morigi, scrittore e giornalista del quotidiano Libero.

Il risultato del loro lavoro è un saggio molto ben strutturato e ricco di informazioni che portano a meditare anche il lettore meno attratto dai temi di cultura politica. Prendendolo per mano gli Autori lo conducono a riflettere su fatti che, spesso persino ignorati dalla storiografia ufficiale, hanno inciso profondamente sulla vita di milioni di italiani di ieri e di oggi.

Tra i tanti temi illustrati ne citiamo solo uno, quello delle cosiddette insorgenze.

Di fatto, dopo la calata di Napoleone in Italia nel 1796, i Francesi, per portare “libertà, uguaglianza e fraternità”, fucilarono 100.000 contadini e operai che, radicati nei loro convincimenti religiosi, si opponevano al laicismo dei rivoluzionari venuti ad invadere i loro territori. Questi popolani – insorgenti, appunto –, erano conservatori? A pagina 127 gli Autori rispondono: «È difficile attribuire un significato culturale a una rivolta popolare, che fallì anche perché non ebbe classi dirigenti che volevano guidarla. Certamente, se il conservatorismo non è un’ideologia ma un insieme di giudizi sulla realtà, quindi una cultura, essi sono morti per conservare quei principi nei quali erano cresciuti, anzitutto la libertà di appartenere a una cultura e a una civiltà».

Dal che si deduce chiaramente che il conservatorismo è un insieme di giudizi sulla realtà, quindi una cultura che, almeno sino ad oggi, s’è ispirata e coniugata ai principi della dottrina sociale cristiana.

Il testo dovrebbe essere consigliato come lettura agli studenti di Scienze politiche per la completezza di tutti gli aspetti in cui si articola il conservatorismo.

Un plauso agli autorevoli Autori che, si spera, con il loro lavoro incoraggino altri ad approfondire ulteriormente il vasto campo del conservatorismo.

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