La straordinaria avventura di quattro triestini nel Dicembre del 1948

“Dal molo Audace al Sud America per salvare la Venezia Giulia: la sconosciuta ed eroica storia dei quattro moschettieri del mare” è il tema della videoconferenza dell’Anvgd di Milano, che si è svolta giovedì 24 Giugno alle ore 18.00. L’incontro in collegamento alla pagina Fb dell’associazione “http://www.facebook.com/groups/2559430654128300“. Relatore dell’incontro Valentino Quintana. Partecipano da Brasilia Max Lucich e da Milano Elisabetta Barich.

Ecco una breve sintesi dell’incontro a cura di Claudio Fragiacomo del Comitato Anvgd di Milano.

«La loro storia parte da Trieste. La città giuliana era allora (dicembre ’48) Territorio Libero, retto da un’amministrazione anglo-americana, che esercitava tutti i poteri. Era sindaco Michele Miani, esponente di spicco del Comitato di Liberazione Nazionale. Col Diktat del 1947 l’Istria era stata assegnata -si sperava provvisoriamente- all’amministrazione jugoslava, e questa penisola facente tutt’uno colla costa triestina era stata staccata dal suo ambito naturale, divisa da un confine inaccettabile per la maggioranza dei giuliani. Alcuni patrioti, su iniziativa dell’irredentista Glauco Gaber, avendo a cuore il destino delle nostre terre, decisero di compiere un’azione altamente dimostrativa, solcando l’oceano per perorare oltremare la causa della Venezia Giulia, davanti alle popolazioni delle Americhe: nella speranza che la loro azione potesse servire a cambiare la situazione dei confini. Si affidarono all’esperienza di un giovane ma intraprendente capitano della Marina Mercantile, Rodolfo De Gasperi.

Erano partiti nel disinteresse quasi totale delle autorità locali, accompagnato dal dileggio espresso dalla stampa jugoslava. Non avevano ottenuto un finanziamento adeguato, che permettesse loro di usare un mezzo di navigazione più consono. Infatti, avevano potuto solo racimolare un gruzzolo per l’acquisto di due scialuppe di 7 metri, dotate di equipaggiamento velico, due motori ed una radio. Partirono dal Molo Audace a Trieste, con la ferma intenzione di recarsi nelle Americhe.

L’equipaggio constava all’inizio di dieci valorosi, ma per diverse cause si assottigliò e, dopo Gibilterra, solo in quattro poterono proseguire. Ebbero sempre l’aiuto delle comunità locali nei porti che raggiungevano. Dopo alterne vicende, arrivati alle Canarie, il vento ed i cicloni, che fortunosamente riuscirono a superare, li spinsero verso le coste del Brasile, dove sbarcarono nella baia di Fortaleza. Era il 9 settembre 1949.

Tanta era stata l’indifferenza alla partenza, altrettanto fu l’entusiasmo delle autorità e delle popolazioni dei paesi raggiunti nei loro spostamenti, Brasile, Uruguay, Argentina. Altrettanto spontanei gli aiuti accordati, sia di tipo economico, che di incoraggiamento. Otto mesi di permanenza in Brasile, ospiti del governo locale. Diventano soci onorari di molte associazioni e istituti culturali, alle autorità recapitano messaggi di saluto del Sindaco di Trieste e del Segretario della Lega Nazionale. Effettuano una doverosa visita a Laguna, patria di Anita Garibaldi. Si recano nella città di nome “Garibaldi” dove una lapide ricorderà le foibe e l’epopea dei 4. E poi l’Uruguay, parole del presidente, parole di speranza e di giustizia. A Montevideo viene approntata una coppa, che sarà il trofeo di un torneo calcistico dedicato a ricordare i reduci della Prima guerra mondiale emigrati in Uruguay e l’avventura coraggiosa dei quattro argonauti. E poi la tappa finale in Argentina, il Presidente Juan Domingo Peron li accoglie con calorose parole di esaltazione del loro coraggio e della grandezza dell’Italia, la maggiore tributaria alla costituzione della nazione argentina.

La meta finale della navigazione avrebbe dovuto essere New York, ma dovettero rinunciarvi per le avvisaglie e preparativi di guerra con la Corea. Quando si congedarono da Buenos Aires, di fronte ad una folla plaudente, si avvicinò al palco una anziana signora, era la mamma di un caduto del 1916 nella Grande Guerra. Aveva in mano un vasetto con una pianta e, rivolgendosi al Capitano De Gasperi, lo pregò che al suo ritorno in Italia piantasse sul monte Hermada, dove era caduto il figlio, quel suo ricordo.

Il governo argentino offrì ai 4 indomiti il viaggio di ritorno con l’Alitalia, ad accoglierli a Roma uno sparuto gruppo di mutilati e reduci di guerra, in seguito una breve cerimonia in Campidoglio con la consegna di una medaglia di bronzo. Arrivati finalmente a Trieste, si resero conto delle difficoltà connesse all’assenza molto più lunga del previsto: sfratto dall’abitazione e perdita del lavoro, ma comunque resistettero; dovevano riguadagnare un ruolo nella società locale, che li aveva allontanati, perchè troppo idealisti, perché romantici artefici di un’impresa impossibile e che, comunque, solo i quattro sono riusciti a realizzare.

Fin qui la storia. Ma la narrazione, anche se amplia e particolareggiata, non rende pienamente ragione delle motivazioni ideali e dell’eroismo dei personaggi che diedero vita a questa impresa. Riascoltare la conferenza (all’indirizzo https://youtu.be/_NygOKUZYoM) evidenzierà il pathos con cui il giornalista-scrittore Valentino Quintana ha rivissuto i momenti salienti del viaggio, rispolverando dall’oblio una storia praticamente dimenticata. Forse anche emozionato dalla presenza del pronipote ed alcuni altri discendenti del capitano De Gasperi, che han voluto testimoniare il coraggio del loro congiunto e riaffermare quella fede incrollabile nel perseguire i propri ideali, che è il vero motore di una nazione, in ogni campo.»

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