Io sono mia figlia

Qualcuno disse “quando un neonato stringe con la sua manina il tuo dito indice, sei incatenato a lui per sempre”. È accaduto al giornalista, scrittore, e giusto per non lasciarsi mancare nulla anche editore, Ermanno Accardi.

Di origine siciliana e milanese di adozione, Ermanno diviene papà della bella Lucrezia alla tenera età di 58 anni e tanto è l’amore per la bimba, ora di cinque anni, che a lei dedica le 130 pagine di “Io sono mia figlia” (euro 15,00 edizioni Milano Meravigliosa), presentato ieri con Marco Dell’Acqua negli spazi di San Pietro in Sala, parrocchia nota per il suo importante supporto alle fragilità psichiche giovanili. «Amo talmente mia figlia che mi sento per lei, con lei e spiritualmente in lei.

Ecco… io sono lei» dichiara l’autore. Da qui l’opera che inizia quale saga familiare con il racconto dei bisnonni, poi di nonno Salvatore e zio Ercole, “che tu cara Lucrezia non hai potuto conoscere”, per poi trasformarsi, pagina dopo pagina, in un commovente e tenerissimo sunto di “consigli per la vita” affinché la Lucrezia di domani mai si arrenda alle vicende dell’esistenza.

È un padre che, avuta la fortuna di nascere e crescere in un ambiente familiare affettuoso e sereno, trasmette alla bimba ottimismo e gioia, raccomandandole di abbracciare l’esistenza con dignità, spirito libero, fantasia, rispetto e prudenza, inseguendo i propri sogni ma ricordando sempre che il successo sta nell’essere appagati per ciò che si è realizzato.

«Io avrei voluto essere un calciatore» confessa Ermanno, ma per fortuna lo abbiamo come giornalista, seppur con la sindrome del “papà-nonno”.

«Ebbene, lo confesso, la tarda età in cui sono divenuto padre e il timore di non veder crescere Lucrezia per qualche incidente di salute già accadutomi, Covid incluso, mi hanno convinto a realizzare questo “scrigno” di raccomandazioni per il suo futuro. Come se non ci fosse un domani».

Ma non la starai viziando? «Se le concedo diciotto sì, ci sono almeno due no! E tali rimangono. Poi Lucrezia mi dice “papà, però tu hai il vocione, quando mi rimproveri, ti prego, fallo dolcemente”». E a papà Ermanno entra un bruscolino nell’occhio. (Daniele Carozzi)

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