Cause del dramma dei popoli della Venezia Giulia

Pubblichiamo estratto del libro “Il vescovo Antonio Santin e la tutela dei diritti umani della Venezia Giulia” di Mons. Ettore Malnati, vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste, che ringraziamo per la gentile concessione, sulle cause del dramma dei popoli del Confine Orientale. Gli italiani di Trieste tutti, dal 1° maggio al 12 giugno 1945, conobbero terrore, deportazione e morte. Una breve ma profonda descrizione per capire cosa succedeva in Istria e che aria si respirava e un importante ma significativa descrizione dell’operato della figura di molti religiosi come il vescovo Antonio Santini, Mons. Raffaele Radossi.

di Mons. Ettore Malnati, vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste «Per comprendere il dramma dell’occupazione dei tedeschi prima con l’annessione di Trieste e l’intero litorale adriatico e dei titini poi, è necessario richiamare la sottoscrizione del patto di Vienna da parte dei ministri degli esteri tedesco e italiano del 20-22 aprile 1941, che fu uno dei più grossolani errori politici del secolo XX.

Secondo questo patto avrebbero dovuto essere cancellati il regno dei serbo-croati-sloveni; la creazione dello stato indipendente della Croazia comprendente la Bosnia e l’Erzegovina, la cessione all’Austria della Slovenia superiore con il territorio di Maribor, Celje e Bled, l’annessione al regno d’Italia della Slovenia occidentale con la creazione della provincia di Lubiana, più la costa dalmata fino a Spalato. La cessione del Kossovo e della Metohnija all’Albania; la cessione della Macedonia alla Bulgaria e la Voivodina all’Ungheria.

Questo patto riaccese tra le popolazioni slave gli odi nazionalistici e quelli religiosi tra ortodossi e cattolici e anche tra mussulmani e cristiani. Ciò accadde anche tra le popolazioni di lingua italiana, slovena e croata dell’Istria e del Carso.

Questa situazione fu cavalcata dall’ ideologia pan-slavista che ebbe il suo moto propulsore con la realizzazione del Fronte di liberazione slovena (Osvobodilna fronta) che già si costituì all’indomani del patto di Vienna del 1941.

Gli obiettivi del Fronte, stilati nel documento programmatico e fatto conoscere alle popolazioni slave, erano: “Lotta contro il fascismo sino alla liberazione di Trieste e del Litorale; la fusione delle forze progressiste in un solo blocco; la partecipazione alla lotta del proletariato italiano; l’organizzazione di una vasta propaganda ; l’annessione di Trieste alla Slovenia con una larga autonomia alla popolazione di etnia italiana”.

Queste istanze del Fronte furono accolte dal Consiglio antifascista di Liberazione nazionale della Jugoslavia (A.V.N.O.J.) che nell’assemblea tenutasi a Jajce il 29-30 novembre 1943 proclamò la regione Giulia annessa alla Jugoslavia, compresa Trieste e i territori fino all’Isonzo.

Vi è seria ragione di sostenere che lo stesso premier inglese Churchill abbia sostenuto le rivendicazioni per la regione Giulia al governo jugoslavo in esilio.

Queste le cause che motivarono la guerriglia partigiana di Tito che per realizzare i suoi obiettivi si appoggiò sia ai sentimenti di appartenenza etnica delle popolazioni che ebbero dai nazi-fascisti programmi di snazionalizazzione etnica, sia alla lotta violenta verso tutto ciò che avrebbe potuto impedire il progetto della regione Giulia jugoslava.

L’obiettivo di questa lotta era la Chiesa cattolica (vescovi- vedi Margotti, Santin, Radossi, preti sia di lingua italiana, slovena e croata; laici -uomini e donne), la cultura e l’etica non marxista e ogni richiamo che non portasse alla valorizzazione bolscevica del proletariato. “Morte al fascismo e al capitalismo”, questo lo slogan. Con questa prospettiva si consumò l’eccidio delle foibe, l’esodo dei 350.000 istriani e dalmati e il calvario dell’occupazione titina di Trieste, osannata dal telegramma di Togliatti e difesa con determinazione per la libertà della sua gente dal Vescovo mons. Santin, defensor non solo “civitatis” ma “humanitatis”.»

(crediti fotografici Diocesi di Trieste – nell’immagine Mons. Ettore Malnati)

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