Draghi: i partiti chiacchierano, il governo agisce

Due accademici, il filosofo Massimo Cacciari e lo storico Ernesto Galli della Loggia hanno preso posizione sulla situazione politica attuale accendendo i fari sull’operato del primo ministro Mario Draghi e mettendone impietosamente in luce anche le ombre.

Entrambi denunciano, con parole garbate, ma pesanti come il piombo, una deriva autoritaria che avrebbe già soppiantato le regole democratiche stabilite dalla Costituzione.

Alle loro autorevoli voci si stanno sempre più unendo quelle di docenti e studenti universitari, giuristi, scienziati, medici, imprenditori e persone comuni le quali cominciano ad interrogarsi su ciò che sta accadendo in Italia e ne confrontano la situazione con quella di altri Paesi occidentali.

Élite intellettuali di vario orientamento, infatti, sembrano avvertire l’inquietudine che serpeggia in un’opinione pubblica pericolosamente silente, ma facilmente infiammabile perché stressata da provvedimenti governativi poco compresi e quindi mal volentieri accettati.

Non a torto forse è stato osservato che l’azione di Draghi e del suo governo stia accentuando più la divisione che l’armonia tra i cittadini.

Che cosa ha detto Massimo Cacciari? Il Professore emerito presso la facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, di cui è stato fondatore e primo preside nel 2002, in un talk show televisivo su Rai3 lo scorso 7 Settembre, ha denunciato che «siamo in una situazione di deriva pericolosissima, accelerata dal Covid.

Le conseguenze sono la destrutturazione delle forze politiche, la centralizzazione del processo decisionale, la fine della democrazia rappresentativa».

Incalzato da un interlocutore, ospite della medesima trasmissione, ha poi ulteriormente precisato il suo pensiero dicendo che c’è una decisione da parte del governo «di proseguire ad libitum con uno stato di emergenza che non c’entra niente con medici e scienziati».

Una decisione, ovviamente, che a lui (ma solo a lui?) non va bene, anche perché, commenta il Filosofo, «sono vent’anni che siamo in emergenza».

Precisato che i partiti non sono più in grado di assolvere il proprio compito di guidare il Paese («il centrosinistra sa solo rassicurare chi è spaventato dal covid, il centrodestra chi è spaventato dall’immigrazione), Cacciari ha poi tuonato con veemenza: «Come si fa a non capire che l’emergenza covid sta accelerando questa deriva, con un accentramento del processo decisionale, lo svuotamento del Parlamento, la fine della democrazia rappresentativa?

Come si fa a non vederlo, in un mondo in cui tre quarti della popolazione vive sotto regimi tipo Cina o Russia?».

Dal canto suo Ernesto Galli della Loggia, professore ordinario di Storia contemporanea all’Istituto italiano di Scienze umane, nell’editoriale pubblicato sul “Corriere della Sera” l’8 Settembre, ha stigmatizzato l’evoluzione di Mario Draghi che «sta dando vita ad una sorta di semipresidenzialismo sui generis, che arieggia quello della V Repubblica gollista, nel quale (salvo il caso raro della cosiddetta “coabitazione”) il mandato di governo è di fatto staccato dalla effettiva volontà dei partiti che compongono la maggioranza parlamentare».

Lo Storico precisa poi che «il governo resta nominalmente un governo parlamentare ma gli attori parlamentari, cioè i partiti, abdicano di fatto alla loro sovranità decretando in tal modo la loro tendenziale irrilevanza».

Riflettendo sul fatto che in Italia il governo si forma in Parlamento come previsto dalla Costituzione, Galli della Loggia annota che tale principio «è virtualmente svuotato di ogni valore nel momento in cui ascoltiamo il Presidente del Consiglio che a proposito del dissenso manifestato da alcuni partiti nei confronti dell’operato del suo governo dichiara olimpicamente: “I partiti svolgano pure il loro dibattito. Il governo va avanti”. Come se una cosa non riguardasse l’altra».

Argutamente Galli della Loggia commenta che «in effetti è proprio così, dal momento che il mandato vero a governare, il mandato sostanziale, Mario Draghi non lo trae dalla volontà dei partiti – il cui voto di fiducia sembra avere ormai solo un valore di ratifica formale – ma da un’altra fonte, che potremmo indicare come la “volontà del Paese”. Una volontà extra costituzionale che una decisione del Presidente della Repubblica ha per così dire costituzionalizzato. (…)

Qualcosa che alla lontana, e per fortuna con ben minore drammaticità, ricorda la chiamata al potere del generale De Gaulle da parte del presidente Coty nel Maggio 1958 in Francia».

Il Professore conclude il suo ragionamento spiegando che il Capo dello Stato non avrebbe potuto non contribuire all’ascesa, prima di Conte e poi di Draghi, perché, di fatto, i partiti che animano il sistema politico non sono stati in grado in trent’anni di realizzare quelle riforme (anche costituzionali) che avrebbero scongiurato di scivolare nell’attuale instabile e dannosa situazione.

È un dato di fatto che i partiti – e soprattutto i loro vertici – non riescano più a formare una classe dirigente in grado di gestire, ai vari livelli, la cosa pubblica.

Purtroppo la degenerazione dei valori operata da tanti fasulli “maître à penser” ha corroso i comportamenti etici ammorbando la società e tanti suoi gangli vitali, come i partiti, appunto.

La Chiesa, annunciando Gesù Cristo senza timori reverenziali verso lobby e consorterie più o meno segrete (leggi massoniche), ha davanti spazi siderali per tornare ad essere quella maestra di vita i cui insegnamenti, nel tempo, hanno aiutato interi popoli a progredire tanto spiritualmente quanto materialmente.

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