Stanno provando a resettare pure il Natale

Il Redentore dell’umanità è nato in una mangiatoia. Anche se i genitori, Maria e Giuseppe, si saranno preoccupati di curare al meglio il Bimbo, non avranno comunque potuto impedire che patisse i brividi pungenti di chi viene alla luce in una grotta.

Ecco, fin dai primi momenti di vita, Gesù ha sofferto il freddo, che tutt’oggi per molti s’è trasformato in gelo interiore.

Questo Natale non è “un buon Natale”, come scritto nei biglietti augurali, perché gran parte dell’umanità soffre, è smarrita e confusa, quando non disperata.

L’Incarnazione, un mistero carico di intrigante fascino quanto di raggiante speranza, non scioglie gli agghiacciati cuori di troppe persone.

Neppure il rutilante frastuono dell’advertising, che ha sostenuto quel consumismo che per anni ha trasformato le strade commerciali delle città in Disneyland e mini Las Vegas, ha più la forza di ravvivare le persone.

La depressione è, sì, segnata dalla mancanza di luminarie per le vie cittadine, ma la si percepisce ancor più dallo stato d’animo di conoscenti e amici che stentano a sorridere. Non si ha più pudore a mettere in piazza i propri guai e a farli diventare argomento di pubblica conversazione.

Neanche il Natale sembra più capace d’infondere serenità. Tutto appare, triste, opaco perfino angosciante. È un disco rotto: mancanza di lavoro, caro bollette, timori per un’eventuale guerra, difficoltà di dialogo all’interno della famiglia, paura di ricadute nella pandemia, nessuna prospettiva per un futuro migliore.

È un dato di fatto: la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, alzando i tassi d’interesse, ha prosciugato una cinquantina di miliardi dai conti correnti degli italiani, che comprendono di diventare sempre più poveri dopo essere passati sotto le forche caudine di un’epidemia e dello sconquasso provocato da un lungo confinamento. Inoltre contribuiscono ad alimentare inquietudine le improvvise morti di tate persone che pure hanno creduto nell’efficacia dei vaccini.

Sta prendendo corpo quel “nulla sarà più come prima”? Dopo avere cancellato ogni segno e simbolo della morte, ci avviamo a grandi passi ad eliminare i segni del Natale e tra poco anche quelli della Pasqua? Purtroppo vaccini e green pass hanno diabolicamente diviso tante famiglie.

Il terrore di essere contagiati dal virus di Wuhan, artatamente diffuso da Governi compiacenti con il programma del Forum di Davos, ha spinto tante persone a cercare untori tra coloro che si sono mostrati diffidenti non ai vaccini in quanto tali, come ad esempio quelli proteici, ma esclusivamente, a quelli a mRNA.

Un gigantesca operazione d’intimidazione dell’opinione pubblica. Così non sono stati insignificanti i casi di membri del medesimo nucleo famigliare che si sono allontanati dividendosi tra fautori e ostili alle vaccinazioni.

Nonostante ciò c’è da augurarsi che, seppure non numerose come nel passato, le famiglie continuino a riunirsi attorno alla stessa tavola per il pranzo il 25 Dicembre. C’è da sperare che genitori e figli, nonni e nipoti, zii e cugini, anche da Paesi lontani si ritrovino nella stessa casa per fare festa e ricordare un Bimbo venuto al mondo per salvarli.

C’è da auspicare che in un clima disteso sia ancora possibile riabbracciarsi e riempire il cuore di serenità godendo del candido e ingenuo stupore dei piccoli entusiasti di mostrare i doni ricevuti nella magica notte.

“Spes contra spem” (la speranza contro la speranza), come insegna San Paolo, deve spronarci a confidare che le famiglie torneranno a ricrescere, le persone a riconciliarsi, i disoccupati a trovare un lavoro, i malati ad essere curati da medici fedeli al giuramento di Ippocrate.

Dobbiamo tornare ad essere positivi e, noi cristiani, a confidare in quel Bimbo che incarnandosi è diventato unico mediatore tra Dio e gli uomini garantendoci la salvezza nel suo Regno eterno.

Foto di Hans Rohmann da Pixabay

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