Sviluppo sostenibile della salute nell’era post-pandemica. La Cina vuol cerca di far dimenticare tutto al mondo intero

Generale Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation. Mentre il mondo era entrato nel quarto anno di pandemia di COVID-19 (CV19) esattamente il 5 maggio 2023 rimarrà una data storica per la pandemia da CV 19 o meglio (se non si ha paura della contrarietà della Cina Popolare) il “Virus di Wuhan”.

Il 5 maggio 2023 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato ufficialmente chiusa l’emergenza sanitaria iniziata l’11 marzo 2020 con la sua dichiarazione d’inizio pandemia.

Tre lunghi anni in cui il virus proveniente dall’incuria e imperizia (eufemismo) della Cina Popolare ha causato, secondo le stime dell’OMS, circa 20 milioni di decessi e un domino incalcolabile di problematiche sociali ed economiche.

Oggi che l’emergenza è dichiarata terminata, la stessa, per l’OMS, continua a essere una patologia da controllare e gestire come tutte le importanti malattie infettive.

La maggior parte delle restrizioni alle frontiere è stata revocata e la governance sanitaria globale è passata dalla risposta alla pandemia alla ripresa post pandemica.

I paesi di tutto il mondo hanno intensificato gli sforzi per raggiungere la salute e il benessere per tutti e favorire la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG, Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite, i cui progressi sono stati condizionati dalla pandemia.

L’anno scorso, il direttore generale dell’OMS ha delineato cinque priorità per i successivi cinque anni, che sono: promozione della salute; fornitura di servizi sanitari; protezione della salute; potenziamento del progresso; prestazioni. Inoltre, il progetto dell’OMS “Achieving well-being – A draft global framework for integrating well-being into public health utilizing a health promotion approach” dimostra ulteriormente l’impegno dell’organizzazione per una sanità per tutti i paesi del mondo.

Da rilevare che, purtroppo, la Cina Popolare dopo aver causato la crisi mondiale continua a esercitare il suo “soft power” sia per minimizzare la sua colpa rispetto al propagarsi della Pandemia sia nell’ostacolare la Repubblica di Cina – Taiwan in ambito sanitario internazionale.

In particolare, Taiwan non è stata invitata all’Assemblea mondiale della sanità dal 2017. Ora che la pandemia di COVID-19 è stata dichiarata conclusa e il dialogo sul rafforzamento dei sistemi sanitari in tutto il mondo sta accelerando, la democratica Taiwan non dovrebbe essere ancora esclusa in quanto le sue capacita potrebbero essere di aiuto per evitare il ripetersi di quanto iniziato a Wuhan e questo renderebbe il mondo più sano, più sostenibile e più equo.

Durante la pandemia di COVID-19, Taiwan ha egregiamente mitigato la diffusione della malattia, sfruttando il suo efficace sistema sanitario pubblico, il personale ben addestrato contro le pandemie e i sistemi di sorveglianza, indagine e analisi epidemiologica.

Il modello di risposta anti-pandemica di Taiwan includeva un dispiegamento anticipato e meccanismi di risposta rapida. Altre misure includevano politiche di controllo delle frontiere, distribuzione coordinata di risorse mediche e un sistema di trasferimento dei pazienti per prevenire e contenere la pandemia in un momento in cui vaccini e farmaci antivirali non erano disponibili.

Tra pochi giorni si svolgerà a Ginevra (21-30 maggio) la conferenza annuale OMS e sarebbe stato utile, a tutti nel mondo, che Pechino non avesse messo il veto sulla presenza dei rappresentanti di Taiwan.

Il Governo di Taipei ha esortato l’OMS e tutte le parti interessate a sostenere l’inclusione di Taiwan nell’Assemblea mondiale della sanità anche solo come osservatore, nonché la piena partecipazione di Taiwan alle riunioni, ai meccanismi e alle attività dell’OMS.

Nonostante l’ottusa chiusura della Cina Popolare, il governo di Taipei ha reso noto che continuerà a lavorare con il mondo per contribuire a garantire il diritto fondamentale alla salute sancito dalla Costituzione dell’OMS. Nello spirito degli SDG, nessun paese dovrebbe essere lasciato indietro, specialmente Taiwan, che ha dato un contributo importante alla salute pubblica globale.

Il “Virus di Wuhan” è per fortuna ora assimilabile a un bruttissimo ricordo ma non si dovrebbe dimenticare velocemente quanto avvenuto e dimenticarne le vere origini dalla Cina Popolare.

Venti milioni di decessi non possono essere dimenticati per interessi strategici geopolitici.

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