Roberto Formigoni racconta una storia popolare

Roberto Formigoni, 74 anni, lecchese, già parlamentare europeo e italiano, presidente della Regione Lombardia dal 1995 al 2012, ha rilasciato al giornalista Rodolfo Casadei una lunga intervista confluita nel libro “Una storia popolare” (Ed. Cantagalli, pagg. 576, € 25,00).

È una dettagliata narrazione dei fatti principali degli ultimi sessant’anni di storia d’Italia, impreziosita con una penetrante prefazione del cardinale Camillo Ruini, in cui finalmente un credente dà una lettura alternativa e critica a quella del mainstream che tanto ha influenzato (e deformato) l’opinione pubblica italiana. Salvo rarissime eccezioni – i libri sull’Unificazione italiana di Angela Pellicciari pubblicati da Ares – a spiegare e soprattutto ad interpretare le vicende del nostro Paese hanno provveduto (e continuano a provvedere) storici, politici e maître à penser di chiara matrice marxista, laicista, quando non addirittura di orientamento massonico.

Formigoni denuncia, con solide argomentazioni e inoppugnabili prove, come il tentativo di eliminare i cattolici dalla vita pubblica fosse in atto da tempo e avvertito, fin dal 1977, da Aldo Moro che «dovette pronunciare un duro discorso in parlamento per ammonire tutti che la Dc non si sarebbe fatta processare nelle piazze, come alcuni auspicavano».

Il disegno comunque si realizzò e uno ad uno furono eliminati tutti i senatori e i deputati che si erano battuti per realizzare leggi ispirate ai principi della dottrina sociale cristiana. Per dovere di cronaca rammentiamo che il ministro Lupi fu costretto a dimettersi perché a suo figlio fu donato un rolex, mentre oggi abbiamo un eminente ex segretario del Pd che in qualità di presidente della Regione Lazio acquista mascherine fantasma per 35 milioni di euro e nessuno si sogna di contestargli alcunché. Uno di tanti esempi del doppio peso con cui i progressisti giudicano sé stessi e coloro che non sono avversari politici, ma nemici da eliminare.

Un esempio tra i tanti citati nel libro è la battaglia per la parità scolastica in cui Formigoni ricorda che «la sinistra marxista e laicista si oppose con tutte le sue forze e la sua “ferocia”.

Il governo, i ministri, le opposizioni in regione, la stampa con innumerevoli attacchi, tentarono in tutti i modi di fermarci. Di impedire che la Lombardia attuasse quella parità scolastica che loro, dal ’47 in poi, erano sempre riusciti a bloccare, anche provocando la caduta di un governo (Moro) negli anni ’60. Il mio impegno fu altrettanto forte, anche emozionalmente, perché mi pareva di realizzare uno degli insegnamenti fondamentali di don Giussani («Mandateci in giro nudi ma lasciateci la libertà d’educare» diceva talvolta). E perché eravamo riusciti a compattare tutta la nostra maggioranza su questa posizione, senza defezioni».

Ciò che traspare chiaramente dalle pagine di “Una storia popolare” è che l’intero percorso di Formigoni, le sue tante battaglie vinte fino a portare la Regione Lombardia ad essere la locomotiva del Paese, poggia sulle solide basi dell’esperienza da lui maturata negli anni giovanili, prima in Gioventù Studentesca, poi in Comunione e Liberazione e infine nel Movimento Popolare.

È mantenendo fede alle loro radici cristiane che cattolici come De Gasperi, Adenauer, Schuman, La Pira e lo stesso Formigoni sono riusciti a lasciare un segno nella loro vita politica.

Per i fatti di Tangentopoli il Partito comunista, con l’aiuto di alcune toghe rosse e la complicità delle correnti democristiane di sinistra, riuscì ad eliminare tutti i partiti: Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli. Per i cattolici il dramma fu duplice: la fine del partito che ne rappresentava le istanze e la diaspora, a tutti i livelli, dei suoi militanti. Dopo il tentativo, parzialmente riuscito, di rilanciare il Partito Popolare e la sua frantumazione per effetto del bipolarismo, nel frattempo nato, i cattolici furono costretti a schierarsi o con il centro destra o con il centro sinistra.

Oggi abbiamo la riprova che coloro, come Formigoni, che aderirono al centro destra ebbero la soddisfazione di vedere rispettati e in qualche caso applicati, se non tutti, una buona parte di quei valori non negoziabili che sono alla base della dottrina sociale cristiana.

Gli altri, i “cattolici adulti nella fede”, come Rosy Bindi e Romano Prodi, hanno assecondato la visione naturalmente materialista e laicista delle Sinistre consentendo a Formigoni di rilevare che «alleati ai post-comunisti non si costruisce un’Italia liberal-popolare, incentrata sulle autonomie, sulla valorizzazione della famiglia e delle altre società naturali, delle unità di popolo o soggetti popolari, come dicevamo negli anni Settanta, dentro al solco della sussidiarietà. Insieme ai post-comunisti si alimentano solo lo statalismo, il centralismo e la secolarizzazione delle leggi e dei costumi che stanno portando alla disgregazione della società.

E ditemi se non è questo che gli anni di governo della sinistra dopo Tangentopoli e fino ad oggi hanno prodotto, con la complicità di parte del mondo cattolico».

C’è da augurarsi che a leggere “Una storia popolare” siano proprio quei cattolici che si sono lasciati ingannare dalle sirene della cosiddetta grande stampa che ha fatto di tutto per non riconoscere i traguardi raggiunti da un leader dichiaratamente credente. Una persona che nel penitenziario in cui è stato rinchiuso (con una legge incostituzionale) ha avuto il rispetto di tanti carcerati che lo hanno sempre chiamato Presidente consapevoli delle tante buone leggi emanate a favore di milioni di cittadini, aldilà della loro appartenenza politica.

Osserva Formigoni che «la Democrazia cristiana non tornerà, ma i cristiani debbono e possono tornare ad essere una minoranza creativa anche in campo politico: la società italiana ne ha assolutamente bisogno. I cattolici in Italia non sono scomparsi. Mi permetto di dire con tutta l’umiltà del caso che dobbiamo svegliarci e riprendere la parola, anche perché stanno accadendo cose che compromettono le fondamenta stesse dell’uomo e la civiltà che i nostri padri hanno costruito». Si può dargli torto?

I detrattori del cattolico Formigoni schiumeranno di rabbia e si accaniranno ancora nel tentativo di oscurarne la figura. Peggio per loro perché gli ideali e i valori a cui egli ha conformato la sua azione politica sono consustanziali all’uomo e perenni, soprattutto perché radicati nel Vangelo.

«Giussani ci aveva insegnato ad obbedire ai vescovi e al Papa», spiega ancora Formigoni. «Infine, noi volevamo proporre a tutti la bellezza e l’incidenza del cristianesimo, eravamo interessati e appassionati a far vedere come il cristianesimo avesse improntato di sé intere civiltà nel corso della storia e anche nel presente poteva stimolare un’espressione sociale, culturale e politica caratteristica, specifica e tendenzialmente unitaria».

Questo libro è l’inizio d’un cammino che riprende: la Dc è morta, non l’impegno politico dei cattolici che ancora vivono la loro appartenenza alla Chiesa una, santa, cattolica, apostolica e romana.

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