Regionali 2023 i motivi dell’astensionismo

C’è un elemento di giudizio che accomuna la larga vittoria di Fontana al grande astensionismo ed è la constatazione di un sempre maggiore distacco dalla realtà: nel caso dell’astensionismo il distacco è della politica che fatica a coinvolgersi con i problemi reali delle persone.

Nel caso della vittoria di Fontana il distacco è del sistema dell’informazione che preferisce esternare i propri (pre)giudizi piuttosto che ascoltare e raccontare quello che realmente accade nella società.

Così nel discorso politico prevalgono temi lontani dagli interessi della gente normale. Discorsi di schieramenti, allarmi autoritari, demonizzazione degli avversari, “serve un partito di centro”, “basta con il populismo”, “unità dei progressisti”, presidenzialismo, autonomia differenziata e via enunciando argomenti importanti ma attraverso i quali non si vedono visioni del paese interessanti per la vita delle persone, capaci di generare speranza di futuro. Il linguaggio della politica è ridotto a slogan, tweet che possono colpire all’istante ma durano lo spazio di un mattino.

Altro distacco dalla realtà, dicevamo, è la sorpresa che nei media ha prodotto la vittoria di Fontana. Nonostante si sia fatto di tutto per denigrarlo anche in maniera vergognosa riguardo alla gestione Covid, o sbeffeggiandolo sui social con la riproposizione della fotografia in cui appariva in difficoltà nell’indossare una mascherina, il Presidente uscente ha ottenuto uno straordinario successo sugli avversari.

Non è difficile capire il perché. La Lombardia è terra di concretezza e di operosità fai-da-te, si aspetta dalla politica, e da quella regionale in particolare, il riconoscimento e la valorizzazione del suo modo di vivere e lavorare.

Regione Lombardia, reimpostata come efficiente organo di governo negli anni del Presidente Formigoni, ha sempre valorizzato e tenuto in gran conto le diverse presenze organizzate e le rappresentanze istituzionali dei diversi territori.

Quest’ organizzazione sembra ancora tenere anche con le inevitabili disfunzioni che ogni sistema prevede. Gli attacchi forsennati contro la sanità lombarda o i ritardi dei treni pendolari non hanno potuto scalfire il consenso complessivo che i lombardi attribuiscono alle amministrazioni di centro destra dall’ormai lontano 1995.

Se poi si contrappone come avversario un esponente della sinistra-sinistra, per di più alleato con il Movimento Cinque Stelle e il suo reddito di cittadinanza, si capisce perché i lombardi preferiscano non cedere ad avventure dalle dubbie prospettive. Neanche il terzo polo, nonostante Moratti, ha trovato consenso adeguato: non c’è dubbio che esista uno spazio per un partito centrista a cavallo tra destra e sinistra, tuttavia in politica non basta autodefinirsi moderati o di centro, occorre che la proposta sia comprensibile e soprattutto credibile.

Se poi si insultano gli lettori dicendo che hanno sbagliato a votare allora ci si condanna con le proprie mani. Entrambe le opposizioni avevano comunque un punto in comune, quello di un pronunciato centralismo (statalismo puro nel caso di Maiorino) indigeribile per la maggioranza dell’elettorato lombardo. Non è un caso se il maggior successo della sinistra è stato nel centro storico delle grandi città, di fatto tra la borghesia abbiente impegnata nella diffusione dei cosiddetti nuovi diritti.

Nuove responsabilità attendono ora la rinnovata maggioranza lombarda che passa da una prevalenza leghista a una meloniana. E’ sperabile che la giunta nasca, prima che da alchimie tra gruppi e sottogruppi della maggioranza, da una attenzione alle problematiche che interessano i cittadini.

Da una giunta di centrodestra ci si aspetta una attenzione particolare alla famiglia, alla libertà di educazione e di intrapresa, alla sanità con una nuova valorizzazione del “modello lombardo” intaccato dalla gestione Moratti. Sul tema dell’ambiente, assessorato magistralmente guidato fin qui da Cattaneo, ci aspettiamo continuità di interventi ma anche di contrasto all’ideologia ambientalista che sta penalizzando l’intera Europa.
Una sottolineatura particolare riguarda gli eletti del lecchese: oltre al riconfermato Mauro Piazza (con gran massa di preferenze), entrano Zamperini per Fratelli d’Italia e Fragomeli per il Pd. Si tratta di due politici capaci, già impegnati a livelli istituzionali che potranno lavorare bene per lo sviluppo del nostro territorio, dalla maggioranza o dall’opposizione.

E’ certo, in conclusione, che se si vuole riportare i cittadini al voto serve uno scarto decisivo nel modo di fare politica. La politica è certo competizione tra diversi, ma la competizione non può arrivare a delegittimare chi viene scelto dagli elettori.

Quello che stiamo vedendo in questi mesi, dopo la nascita del governo Meloni, è una non accettazione della realtà dei fatti. C’è una cultura, diciamo di sinistra, dominante nel mondo dei media, della comunicazione e dello spettacolo, che pretende l’egemonia e non accetta di essere sconfitta nelle urne perché minoritaria tra il popolo, fino al punto di tifare contro le sorti dl proprio paese.

Non così si fa crescere l’Italia ma solo con la condivisione di un comune destino e il confronto serrato sulle risposte e le iniziative necessarie per affrontarlo.

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