Per migliorare l’Italia occorre un cambiamento culturale

Il mese di aprile ospita due date fondamentali per la storia d’Italia e delle quali si ha una ben diversa consapevolezza.

Il 25 aprile si celebra la festa della Liberazione: fu in quel giorno del 1945 che il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia (CLNAI, raggruppava i diversi partiti antifascisti), lanciò l’ordine dell’insurrezione in tutto il territorio per sconfiggere le forse naziste e repubblichine e anticipare l’ormai imminente arrivo delle truppe alleate che risalivano la penisola. La Resistenza ani

L’antifascismo unificava le forze della resistenza ma non la visione del futuro dell’Italia. Una forte presenza marxista nelle file dei partiti della sinistra (allora il principale era il socialista seguito dal comunista) auspicava una profonda trasformazione dello stato sulla scorta della rivoluzione sovietica e dei fermenti rivoluzionari che avevano animato il clima europeo dopo la tragedia della prima guerra mondiale.

A questo proposito è bene ricordare un’altra data significativa che rimane un po’ in ombra pur rappresentando un evento decisivo.

Il 18 giugno 1948, quindi tre anni dopo il 25 aprile e un periodo di governo di tutti i partiti, utile per lenire le ferite lasciate da quella guerra civile che inevitabilmente fu la resistenza e dotare il paese di una costituzione moderna e democratica, gli italiani vennero chiamati a rinnovare il Parlamento.

Le elezioni furono un plebiscito per la Democrazia cristiana che con più del 48 per cento dei voti si assicurò la maggioranza assoluta dei seggi relegando le sinistre marxiste, riunite nel Fronte Democratico Popolare, al 30 per cento. I nostalgici del fascismo non realizzarono che un modesto 2 per cento. (curiosità: nella circoscrizione Como Sondrio Varese nella quale era compreso il territorio di Lecco i candidati DC in lista vennero tutti eletti)..

Il risultato elettorale esprimeva una ben precisa scelta di appartenenza all’ordinamento democratico occidentale rifiutando le sirene del comunismo.

La battaglia politica era vinta, non così quella culturale che stava per iniziare. La sinistra comunista e i suoi alleati, sconfitti nelle urne, scelsero la strada della battaglia culturale e dell’informazione.

La prima vittoria fu quella della feroce opposizione alla legge elettorale pensata da De Gasperi in stile maggioritario per le elezioni del 1953 (assegnava il premio di maggioranza a chi avesse ottenuto il 50 per cento dei voti) definita “ legge truffa” nonostante avrebbe probabilmente evitato le molte crisi di governo successive: mai applicata fu lasciata decadere.

Il vero strumento tuttavia nelle mani delle opposizioni socialcomuniste fu quello della resistenza, o meglio della costruzione del mito della “Resistenza tradita”: attribuendo alla lotta di liberazione un desiderio di palingenesi totale, di totale rinnovamento dello stato di ispirazione rivoluzionaria, propria in realtà solo di una parte dei resistenti, si introduceva nel dibattito politico e culturale un criterio di lettura distorto della realtà italiana.

Tale criterio ha trovato nuovo e forte alimento in un altro fenomeno ben datato, il 1968. Allora, come scrisse Ratzinger nella introduzione alla seconda edizione del suo “Introduzione al cristianesimo”:

“Il 1968 è legato all’emergere di una nuova generazione, che non solo giudicò inadeguata, piena di ingiustizia, piena di egoismo e di brama di possesso, l’opera di ricostruzione del dopoguerra, ma che guardò all’intero svolgimento della storia, a partire dall’epoca del trionfo del cristianesimo, come a un errore e a un insuccesso. Desiderosi di migliorare la storia, di creare un mondo di libertà, di uguaglianza e di giustizia, questi giovani si convinsero di aver trovato la strada migliore nella grande corrente del pensiero marxista.”

È a partire da lì che alcuni di questi scelsero la lotta armata per sovvertire l’ordinamento democratico dell’Italia: furono sconfitti – e a quale prezzo! – e con loro il comunismo crollato con il muro e il dissolvimento dell’URSS ma quel veleno rivoluzionario continua a permanere nella cultura italiana pur come un virus depotenziato.. Non è un caso che molti di quelli che erano i giovani del Sessantotto occupano oggi posizioni eminenti nelle redazioni dei giornali e in luoghi capaci di influenzare l’opinione pubblica.

Le ricorrenti polemiche sul fascismo ancora oggi dominanti in molti talk show e l’occhio prevenuto con cui si guarda all’attuale governo conservatore di Meloni ne sono la prova.

Fu nel 1975 in preparazione alla celebrazione dei trent’anni della Resistenza, che la pressione culturale e politica divenne molto forte: la Dc non viaggiava più sulle percentuali del dopoguerra ed era incalzata dall’avanzata del Pci, non più tanto lontano in percentuali di consenso elettorale, e che aveva conquistato il governo delle maggiori città italiane. Dc in difficoltà, mondo cattolico disorientato ed emarginato da uno statalismo aggressivo, difeso da poche voci autorevoli come il card Colombo nei discorsi milanesi per sant’Ambrogio: gli anni Settanta sono anni di profondo travaglio per la società italiana e per i cattolici in particolare.

È in questi anni che Comunione e Liberazione, il movimento creato nelle scuole da don Giussani e rinato in università da un nucleo di giovani che avevano continuato a seguirlo, inizia testimoniare la presenza di un cristianesimo che partecipa con la propria identità ai mutamenti in corso nella società italiana.

Dalle posizioni cattoliche sconfitte nel referendum sul divorzio, alla sfida della sinistra extraparlamentare nelle scuole e nelle università ea quella politica nelle amministrazioni cittadine, la risposta è la nascita di un Movimento Popolare attorno al quale si radunano quei cattolici e laici non disponibili a subire l’egemonia montante della sinistra ora sempre più orientata a trasferire la spinta rivoluzionaria dal cambiamento istituzionale a quello dei costumi e alla rivendicazione di diritti, verso, come ben intuito in anticipo da Augusto del Noce, la costruzione di un partito radicale di massa capace di determinare l’orientamento del paese.

La recente vittoria elettorale del centrodestra segnala un mutamento di tendenza, tuttavia, come ho cercato di argomentare per quanto un po’ schematicamente, la vera battaglia del cambiamento è culturale e si fa fatica – anche nel variegato campo cattolico – a vedere presenze adeguate in questo campo.

matasi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 fu il modo in cui una parte almeno della popolazione italiana cercò di riscattarsi dal biennio della dittatura fascista mirando a far rientrare il paese nel novero delle nazioni democratiche.

didascalia: immagine da Pixabay

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