La proposta dell’arcivescovo Delpini per la pace

L’aspetto positivo della visita di Giorgia Meloni in Ucraina è che s’è cominciato a parlare di ricostruzione. Non vorremmo illuderci e apparire superficialmente troppo ottimisti, ma cominciare a vedere il bicchiere mezzo pieno può aiutare a svelenire il clima di guerra che sembra prevalere attualmente in Europa.

È l’ora di affermare il principio che per arrivare a un trattato di pace tra Russia e Ucraina diventa prodromico far cessare l’uso delle armi. Inutile girarci attorno: Biden e chi lo sostiene deve aprire un negoziato con Putin e finire la guerra.

Gli Stati Uniti devono prendere atto che non possono più interpretare il ruolo di gendarmi del mondo perché, accanto a capitali importanti come Washington, ne esistono altre come Pechino, Mosca e tra poco Nuova Delhi. Londra conta finché resta legata a Washington e “la grandeur” di Parigi (anche sa ha la bomba atomica) è tale solo per i parigini.

Ha ragione da vendere l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, quando, in un’intervista rilasciata ad “Avvenire” spiega come la pace sia una guarigione e che ora sia indispensabile una tregua che chiuda la stagione delle bombe che provocano solo morte e distruzione.

Alla domanda del giornalista Francesco Ognibene, “che cosa ci ha insegnato questo anno di guerra?”, Delpini dà una risposta disarmante e colma di buon senso.

Dice: «Ci ha mostrato ancora una volta che il mondo sta in piedi e l’umanità continua a vivere sulla Terra perché le donne e gli uomini buoni sono sempre più numerosi, più forti, più coscienziosi di quelli che si lasciano possedere dal male.

Io so come sono gli operatori di pace: uomini e donne che amano la vita, gente che si alza ogni mattina e che sente di avere una missione da compiere.

Hanno fiducia, sono onesti, fanno quel poco che possono con la persuasione che nulla va perduto e tutto serve, si domandano sempre se si possa fare qualcosa di più. Molti pregano.

Non hanno paura per sé stessi, ma vorrebbero lasciare per gli altri un mondo migliore di come l’hanno trovato. Sono operatori di pace, figli di Dio».

Proprio per queste ragioni la Chiesa ambrosiana sarà impegnata, durante la Quaresima, a pregare incessantemente per il cessate il fuoco in Ucraina.

Per capire ciò che accade oggi a Kiev è utile ricordare ciò che è accaduto ieri e forse anche l’altro ieri.

Il 10 Dicembre 1945 Albert Einstein, che aveva collaborato con Robert Oppenheimer alla costruzione della bomba atomica, scriveva: «Noi lasciammo quell’arma nelle mani del Popolo americano e inglese come fiduciari di tutto il genere umano come combattenti per la pace e la libertà.

Ma come non potremmo vedere alcuna garanzia di pace così noi non vediamo alcuna garanzia delle libertà che erano state promesse alle nazioni dalla Carta atlantica. La guerra è vinta ma non c’è la pace. Le grandi potenze unite nella lotta sono ora divise sul modo di stabilire la pace».

Sono passati 77 anni e non è cambiato nulla.

La Carta Atlantica fu un documento che, sottoscritto dal presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e dal primo ministro britannico Winston Churchill il 14 agosto del 1941 a Terranova, prevedeva l’enunciazione di alcuni principi su cui si sarebbe costruito il futuro ordine mondiale.

In particolare il testo vietava le espansioni territoriali con l’uso della forza perché Statunitensi ed Inglesi avevano ben presenti l’inglobamento delle Repubbliche Baltiche da parte dell’Unione Sovietica, la spartizione della Polonia tra Russi e Tedeschi, la questione dei Sudeti, le vicende di Fiume, per citare le situazioni di crisi internazionali più evidenti in quegli anni.

La Carta Atlantica, che fu la base della costituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, implicitamente svelava la concezione che Statunitensi e Inglesi avevano degli equilibri politici mondiali. Ciò che è accaduto fino ai nostri giorni è noto. Spartizione del mondo a Yalta, guerra fredda, distensione (breve, purtroppo), deterrenza.

Con il crollo dell’Unione Sovietica gli Usa hanno supposto di essere diventati l’unica potenza egemone. Errore fatale, per quanto richiamato sopra, a causa dell’esistenza di altre capitali importanti nel mondo oltre a Washington.

Biden e soci non sembrano giganti sul piano politico. L’Occidente, trainato dagli Usa, è in grande difficoltà. Ha distrutto la concorrenza economica agevolando lo strapotere delle multinazionali, ha trasformato in licenza il grande valore della libertà e, quel che è peggio, ha smarrito le proprie origini giudaico-cristiane.

Delpini forever, non solo per i credenti ambrosiani.

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