La NATO al crocevia della storia… dopo il G7

Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – Queste riflessioni seguono quelle di molti analisti che hanno scritto già in questi giorni dopo il vertice dei capi di governo dei paesi NATO tenutosi subito la conclusione di quello del G7. In merito, il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi nel presenziare al vertice ha dichiarato che: “Questo summit è una continuazione del G7 di ieri. Fa parte del processo di riaffermazione e di ricostruzione delle alleanze fondamentali degli USA che erano state indebolite dalla precedente amministrazione”. Ha poi aggiunto :”Pensate che la prima visita del Presidente Biden avviene in Europa, provate a ricordarvi dove fu la prima visita del Presidente Trump. Quindi, siamo qui per la riaffermazione di queste alleanze, ma anche per la riaffermazione dell’importanza dell’UE in tutto ciò: un’UE più forte significa una NATO più forte”.

Molti hanno visto nelle sue dichiarazioni e in quello che è poi avvenuto a Brussels una “chiamata alle armi” per le democrazie di tutto il mondo per resistere al nuovo tecno-assolutismo di Cina Popolare e Russia e reinvestire nelle grandi istituzioni del multilateralismo euro-atlantico.

Chi conosce l’Alleanza sa che il fulcro del vertice è stata sia l’adozione dell’agenda NATO 2030 sia l’accordo per la stesura del prossimo concetto strategico per l’Alleanza. Entrambi contano, o almeno dovrebbero contare, perché questa volta tutte le nazioni della NATO dovrebbero davvero dare seguito a ciò a cui stanno aderendo.

Potrebbe essere pericoloso un atteggiamento post vertice “soft” della NATO perché il prossimo decennio potrebbe essere tumultuoso e pericoloso e, se si vuole assicurare la pace, la “deterrenza” della NATO deve essere rafforzata. Nel peggior scenario ipotizzabile per la NATO, nel prossimo decennio l’Alleanza si potrebbe confrontare con crisi , anche simultanee, nell’Indo-Pacifico, nel Medio Oriente, nel Mediterraneo, nell’Artico e, con meno probabilità, in Europa.

In uno scenario del genere, una deterrenza credibile poggerebbe sull’impegno fattivo delle maggiori potenze europee della NATO. In altre parole, la NATO 2030 e il prossimo “Concetto Strategico” saranno veramente “credibili” se impegneranno i paesi europei alla creazione di una “forza credibile” del Vecchio Continente in grado di agire attraverso i multi-domini dell’aria , mare, terra, cyber, spazio e, anche, intelligence. Si tratterebbe di una “forza” targata EU robusta e veloce che diventerà ancora più importante e centrale man mano che le tecnologie emergenti entreranno nell’ area di conflitto/confronto. Ad esempio, gli sciami di droni d’attacco e i sistemi d’arma ipersonici sono il futuro della guerra ultraveloce e devono quindi essere anche il futuro della capacità di deterrenza della NATO.

Oggi, l’idea stessa di deterrenza dell’Alleanza deve essere ampliata per mostrare a tutti e a qualsiasi avversario che qualsivoglia incursione sul suolo e nell’area di interesse della NATO semplicemente non varrebbe la pena. Una deterrenza credibile è sempre costruita attorno a una forza militare convenzionale relativamente forte. Conseguentemente, gli esperti hanno fatto capire che la NATO, deve pensare a una deterrenza con un ruolo di gran lunga maggiore per i membri europei, ma la triste realtà è che in molti pensano che, al di là delle dichiarazioni iniziali, i paesi membri europei non daranno seguito alle dichiarazioni di intento, soprattutto per ragioni di budget nazionale.

Quanto precede perché’ il più grande problema del momento della NATO è, senza dubbio, la riluttanza di molti dei suoi paesi membri a spendere per la difesa cifre importanti, come minimo quel 2% del PIL a lungo insistentemente e vanamente chiesto dal Presidente Trump durante la sua presidenza.

Come già indicato una deterrenza credibile si basa sull’invio all’avversario di un messaggio chiaro che qualsiasi uso della forza comporterà costi inaccettabili e la sconfitta. La deterrenza della NATO si è sempre basata su tre pilastri: una sufficienza delle capacità militari convenzionali (solitamente americane); un impegno strategico dimostrabile per sostenere i rischi e i costi della deterrenza (difficile dopo la pandemia va virus cinese); una stretta coesione politica europea durante le crisi (complicato dopo la Brexit).

Sfortunatamente, l’importante e possibile ridispiegamento strategico verso l’Indo-Pacifico delle forze statunitensi imposto dalla azione strategica aggressiva della Cina Popolare, potrebbe creare una crisi (forse proprio voluta da Pechino) alla capacità di deterrenza della NATO causata anche dalla dissonanza che esiste tra le potenze europee e il loro impegno a “fornire deterrenza” ad altri alleati della NATO, più piccoli, che sono nella zona geografica ai margini dell’Alleanza.

Questo problema strategico è in parte è dovuto al puro egoismo perché nessuno dei grandi paesi europei si sente realmente minacciato da Mosca o, per il momento, da Pechino. Solo la Gran Bretagna sta aumentando in modo significativo il suo budget per la difesa ma non si sa se tale decisione sia perseguibile anche in un medio futuro. La Francia è alle prese con una serie di problemi interni e Parigi sta inoltre adottando un’interpretazione estremamente rigida alla trasformazione anche in previsione delle prossime elezioni.

Per quanto riguarda la Germania, la cui economia appare legata dalla questione del gas russo che arriverà attraverso il gasdotto Nordstream, sembra anche più interessata a sviluppare relazioni mercantilistiche con la Cina Popolare che a condividere gli oneri e i rischi di dissuasione che le sue dimensioni e il suo peso in Europa e nell’Alleanza richiederebbero. L’Italia finalmente sembra iniziare a uscir fuori dall’influenza strategica subita nel recente passato sia alla Russia sia alla Cina Popolare.

Oggi il nostro paese guida la fila delle nazioni europee in crisi economica che devono fare molta attenzione a come spendere i propri soldi senza deludere chi appoggia i governi e non dimenticando che , inoltre, c’è la pandemia proveniente da Wuhan e il debito aggiuntivo che tutti dovranno presto affrontare.

Dopo le dichiarazioni a conclusione del vertice, la NATO parrebbe quindi molto impegnata nell’attività di deterrenza (oggi, ricordo, soprattutto una capacità americana) ma la natura della competizione tra le grandi potenze prevedrebbe che i nordamericani e gli “europei” abbiano bisogno della NATO l’uno dell’ altro in tutti gli aspetti sia difensivi sia di deterrenza. In sintesi, i paesi europei dovranno fare molto di più per la loro sicurezza e difesa per consentire agli americani di continuare a offrire la stessa garanzia del dopoguerra con meno forze schierate da questa parte dell’ Atlantico.

Proprio per questo, iI G7, il vertice NATO e l’incontro Biden-Putin a Ginevra sono stati un “momento importante” perché potrebbero rappresentare un crocevia della storia. La storia iniziata per l’Alleanza 72 anni fa. Infatti, il presidente del Consiglio Draghi nel suo intervento al vertice, nell’ affermare la centralità dell’ Alleanza e quindi della “protezione strategica” targata USA nella politica estera italiana, ha ricordato che “la NATO è stata negli ultimi 72 anni la pietra angolare della nostra sicurezza e difesa”.

Spetta ora al nostro Governo essere credibile e dare seguito a questa dichiarazione nel prossimo futuro e conseguentemente candidare il nostro paese ad assumere, nel prossimo decennio, ruoli non secondari nell’Alleanza.

La conclusione sta, come si diceva a Roma ai tempi dell’Impero, nel: “Si vis pacem para bellum”… “Se vuoi la pace preparati alla guerra”

(crediti Ispionline)

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