Il mare indo-cinese, la frontiera con la Cina dal 2021

Venerdì scorso 25 Dicembre, il Vice Ministro della Difesa del Giappone ha espresso pubblicamente il suo incoraggiamento al neo eletto presidente degli Stati Uniti Biden affinché’ dimostri di “essere forte” nel sostenere Taiwan di fronte a una Cina sempre più aggressiva e definendo la sicurezza dell’isola, una “linea rossa” da rispettare.

“Siamo preoccupati che la Cina possa espandere la sua azione aggressiva in aree diverse da Hong Kong. Penso che uno dei prossimi obiettivi, o quello di cui tutti sono preoccupati, sia Taiwan”, ha dichiarato alla Reuters il Vice Ministro Yasuhide Nakayama.

Nell’intervista, Nakayama, parlando di Taiwan, ha invitato con decisione Biden a seguire le orme del presidente uscente Donald Trump, che ha aumentato in modo opportuno e importante l’azione dissuasiva USA anche per mezzo di vendite di sistemi d’arma di difesa al governo di Taipei.

Il crescente sostegno del Giappone nei confronti di Taiwan si è reso concreto negli ultimi anni anche su base prevalentemente non governativa. Tokyo infatti ha ultimamente cercato di mantenere una politica equidistante tra le “due Cine” rispettando, in linea di principio, il suo alleato militare ed economico americano.

In estrema sintesi il Giappone condivide interessi strategici con Taiwan, che si trova sulle rotte marittime attraverso le quali scorrono gran parte delle forniture energetiche e commerciali di Tokio. Soprattutto per questo motivo in Giappone si parla e ci si attiva per sostenere sempre più il “QUAD” (Quadrilateral Security Dialogue), cioè dell’accordo di sicurezza tra USA, Giappone, Australia e India, ideato per bilanciare l’azione di penetrazione strategica di Pechino nell’Indo-Pacifico.

“Finora, non ho ancora visto una politica chiara o un annuncio su Taiwan da Joe Biden. “Mi piacerebbe ascoltarlo a breve e quindi potremmo anche preparare la nostra risposta su Taiwan in unità d’intenti”, ha detto Nakayama.

Durante la campagna presidenziale, Biden ha espresso la convinzione di rafforzare i legami con Taiwan e altre “democrazie affini”. Dopo le discusse elezioni dal team di transizione di Biden è stato fatto trapelare sia che il presidente eletto ritiene che il sostegno degli Stati Uniti a Taiwan “debba rimanere forte, di principio e bipartisan” sia che “Una volta in carica, continuerà a sostenere una risoluzione pacifica delle questioni attraverso lo stretto, in modo coerente con i desideri e gli interessi del popolo di Taiwan”.

Pechino non ha mai nascosto la sua irritazione per l’aumento del sostegno degli Stati Uniti a Taiwan, comprese le vendite di armi e le visite a Taipei da parte di alti funzionari statunitensi, mettendo ulteriormente a dura prova i già complessi e delicati legami sino-statunitensi. La Cina considera Taiwan, oggi gestita democraticamente, come una delle sue province e non ha mai rinunciato a minacciare l’uso della forza per portarla sotto il controllo di Pechino.

“Taiwan è un affare interno della Cina”, ha ripetuto venerdì il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin. “Ci opponiamo fermamente alle interferenze negli affari interni della Cina, da parte di qualsiasi paese o chiunque, con qualsiasi mezzo”.

In particolare secondo le statistiche del Ministero della Difesa di Taipei, le forze armate di Pechino hanno intrapreso azioni, definite come provocatorie nello stretto di Taiwan (incursioni di aerei da caccia, bombardieri e aerei anti sommergibili) per un totale di 84 volte dal 1 Gennaio al 17 Dicembre del 2020. La frequenza delle citate “provocazioni” è andata aumentando fino a divenire quotidiana a partire da metà settembre.

Queste azioni, combinate forse con perizia strategica sia alle dispute di frontiera con l’India sia con le mai nascoste controversie con Tokio il controllo del mare a est della Cina (le isole Senkaku in primis) sono una grave minaccia alla pace e stabilità mondiale.

A Taipei, la portavoce del ministero degli Esteri Joanne Ou ha chiesto un forte sostegno reciproco tra gli Stati Uniti e Taiwan, questo basato sul “linguaggio condiviso” della libertà e della democrazia e ha dichiarato: “Taiwan attende con impazienza di lavorare a stretto contatto con il team di Biden, per continuare a migliorare costantemente le relazioni tra Taiwan e Stati Uniti sulla base della solida amicizia esistente”.

Tornando alle dichiarazioni di Yasuhide Nakayama, lo stesso ha anche ricordato al mondo che “C’è una linea rossa in Asia – Cina e Taiwan”, citando così la linea rossa che l’ex presidente Obama aveva dichiarato sull’uso siriano di armi chimiche – una linea poi attraversata da Damasco. Biden era il vice presidente di Obama e conosce bene questi meccanismi, anche se trattare con Pechino, non è come con Damasco sostenuta da Mosca.

Infatti oggi la Cina è la terza economia al mondo in termini di dollari USA, la più grande in termini di parità di potere d’acquisto, la più grande nazione commerciale del mondo e la fonte di oltre il 40% del grande deficit commerciale strutturale dell’America. Inoltre, il programma cinese di investimenti Belt and Road si estende in tutto il mondo e l’Asian Infrastructure Investment Bank cinese vede ora più di 100 tra membri e potenziali membri, con tutte le nazioni che “contano” e , appunto, con le notevoli eccezioni di Stati Uniti e Giappone.

L’occidente per ora osserva, anche se in questi giorni un personaggio del calibro dell’ex Segretario Generale della NATO, il danese Rasmussen ha dichiarato a Repubblica che: “Se Pechino fissa gli standard per il 5G e l’intelligenza artificiale, nel mondo si riduce la libertà e la democrazia ”. Ha aggiunto che: “Così come il mondo è stato costruito intorno al modello delle società libere nella seconda parte del ventesimo secolo, oggi corriamo il rischio di vedere la restante parte del ventunesimo secolo costruita intorno agli standard autoritari cinesi”.

L’auspicio è che la stagione delle relazioni transatlantiche non sia finita e che Biden non metta in seconda priorità l’Europa e la NATO per andare a coprire gli interessi americani del Quad (Quadrilateral Security Dialoguee) dei paesi che potrebbero aderirvi.

(crediti Ispionline)

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