Il grande reset: vietato fare domande

I filosofi Giorgio Agamben (79 anni), Massimo Cacciari (77), lo storico Alessandro Barbero (62 anni), il giornalista Carlo Freccero (74 anni), intellettuali osannati per anni dalla Sinistra, che li ha sempre riconosciuti come “maestri di pensiero”, non piacciono più; anzi, sono superati.

Lo hanno ripetutamente sostenuto, lunedì 20 Settembre a Radio 24, l’emittente di Confindustria, sia il conduttore della trasmissione Melog, Gianluca Nicoletti, sia il suo ospite, il direttore del “Domani”, Stefano Feltri.

Quest’ultimo ha addirittura invitato i propri lettori a non acquistare più i libri di Cacciari e i colleghi giornalisti, omologhi al suo pensiero, a non invitare più in televisione i “quattro superati” perché incapaci di leggere la realtà odierna.

Costoro userebbero strumenti obsoleti per interpretare la società o comunque inadeguati a spiegare il nuovo che avanza. Tema della puntata di Melog (che, ironia della sorte, ha come sottotitolo “il piacere del dubbio”): il grande reset.

Vale a dire l’azione di un governo mondiale costituito da una oligarchia di “illuminati”, per lo più reclutati nel gotha della finanza e del capitalismo mondiale, con l’obiettivo di dominare l’umanità.

Per la verità, senza scomodare teorie di complotti, è da tempo acclarata l’esistenza di influenti logge massoniche (che vedono la Chiesa come il nemico d’abbattere) e di realtà come la Trilaterale che per alcuni è una semplice associazione di privilegiati tecnocrati i quali ritengono che il benessere sia prodotto solo dai migliori, cioè loro. Dalla ispirata superiorità di questi tecnocrati verrebbero idee e metodi da calare verso il basso, cioè i popoli chiamati ad assimilarli e a metterli in pratica.

Per chi ha i capelli grigi ricorderà che, agli inizi degli Anni Settanta, non c’era intellettuale progressista che non citasse il teorico della comunicazione Noam Chomsky (Filadelfia, 7 Dicembre 1928) per le sue idee anarchico-progressiste utili a contrastare i governi moderati guidati dalla Democrazia cristiana.

Ebbene anche questa icona del comunismo internazionale, fin dal 1975, aveva intuito ciò che oggi preoccupa e denunciano Agamben, Cacciari, Freccero, Barbero e numerosi altri intellettuali: le politiche oligarchiche e reazionarie sviluppate dalle élite capitaliste oggi ancor più pericolose perché messe in pratica con il deleterio connubio con altre élite atee e marxiste.

In quell’anno, infatti, era uscito “La crisi della democrazia. Rapporto sulla governabilità delle democrazie” (“The Crisis of Democracy: On the Governability of Democracies”), uno studio commissionato dalla Trilaterale, la cui edizione italiana sarebbe uscita due anni dopo con la prefazione di Giovanni Agnelli.

Gli effetti del virus di Wuhan, la globalizzazione, taluni obiettivi dell’Unione europea, le concentrazioni bancarie, gli indirizzi dei gruppi finanziari, i social network cominciano ad essere compresi, se letti alla luce di un disegno che potrebbe davvero venire da lontano.

In un clima generato ad arte dal pensiero unico, che non può non essere intollerante, si spiega perfettamente la pretesa di chi vuole ridurre al silenzio chiunque non sia omologato. È la logica della dittatura.

C’è stato un tempo in cui se non si era di sinistra, si era per forza fascisti. Così oggi chi si pone delle domande sull’idea di un governo mondiale, se non è un mentecatto, è un individuo da isolare e zittire.

Se ad interrogarsi è un’icona della sinistra, magari avanti negli anni, non merita di essere considerato “un compagno che ha sbagliato e quindi da rieducare”, ma lo si liquida sbrigativamente come persona affetta da senescenza.

Al 37enne Stefano Feltri ricordiamo che il suo editore, Carlo De Benedetti (che presumibilmente sta ripianando i costi di avvio del quotidiano in cui lavora), ha 87 anni e al 67enne Gianluca Nicoletti rammentiamo che le due più alte autorità della nostra Repubblica, Sergio Mattarella e Mario Draghi, hanno rispettivamente 80 e 74 anni. Forse anche loro, data l’età, ci governano con idee, conoscenze e principi obsoleti?

Che molti giornalisti progressisti siano intolleranti è un fatto assodato. Andrea Scanzi, opinionista de “Il Fatto”, è arrivato a sostenere che debba essere contraddetto chiunque si collochi nel centrodestra a prescindere da ciò che dice: per principio, se si è di centrodestra, non si può avere ragione; punto e basta.

È il brodo culturale in cui si sono formati che li ha educati ad eliminare chi non la pensa come loro. L’oppositore è un nemico da distruggere, non un avversario con cui confrontarsi.

Mentre Papa Francesco esorta a non creare muri, i corifei del progressismo sono costantemente all’opera per erigere steccati e fomentare divisioni. Altro che coesione sociale. Da quando l’Italia è stata investita dalla Pandemia i nipotini di Togliatti hanno scatenato una caccia “all’untore” identificato in chi non è allineato sulle loro posizioni.

Nel nostro Paese sta crescendo un preoccupante livello di conflittualità sociale. Molte, troppe, persone manifestano sentimenti di acredine le une verso le altre alimentando un diffuso clima divisivo dai connotati quasi diabolici.

Da questo punto di vista, purtroppo, la quasi totalità dei mezzi di comunicazione sta dando un importante contributo nel generare divisioni e non pochi opinionisti sembrano esaltarsi, come impazziti, in questo esercizio.

Dispiace ammetterlo, ma allo sbando insieme alla politica c’è anche il giornalismo. “Quos Deus vult perdere, dementat prius”, “A coloro che vuol perdere, Dio prima toglie il senno”.

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