Il Giudice ridà serenità a un tradatese e a un comasco

ll tradatese Nicola Di Nuzzo, dirigente della Regione Lombardia e il comasco Marco Butti, originario di Gravedona, legale rappresentante della società Novate Minerva Srl dal 28 Settembre dormono sonni tranquilli.

Da quel giorno il dottor Antonio De Rosa, Giudice dell’udienza preliminare, ha depositato presso il Tribunale di Sondrio il testo della sentenza che li scagiona dalle pesanti accuse e, in particolare, dall’omessa bonifica del territorio dell’ex stabilimento Falck (Novate Mezzola) e della relativa discarica.

Al termine delle 19 pagine della sentenza il Giudice dichiara non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati (in totale 10 persone fisiche) e di tutte le persone giuridiche (Novate Mineraria srl, Novamin spa, Novate Metallurgica Novamet spa) perché «il fatto non sussiste».

Leggendo il testo del dottor De Rosa colpisce lo scrupolo con cui è stata ricostruita la vicenda che ha acceso gli animi di diversi attori, tra cui, Comitato Salute e Ambiente Valli Lago di Novate, Legambiente Lombardia Onlus, Medicina Democratica Movimento di Lotta per la salute Onlus, Comune di Novate Mezzola, i quali da anni, si erano prodigati affinché si individuassero i colpevoli dell’inquinamento della falda acquifera poi ravvisati, a loro dire, nei due imputati, il comasco e il tradatese, altre otto persone e le tre aziende che si sono succedute nella proprietà dell’ex Falck, persone fisiche e giuridiche che non avevano mai continuato l’attività della storica acciaieria (chiusa nel 1990) e che, quindi, non potevano aver contribuito in alcun modo a cagionare l’inquinamento.

A tacer di questo, è molto esplicativo il passaggio della sentenza in cui il Giudice rileva che «nei quattro punti di sondaggio effettuati, il cromo esavalente non supera i 17mg/Kg (quasi 60 volte meno della soglia di pericolo)». In sostanza «nel sottosuolo dello stabilimento è presente cromo esavalente in quantità di gran lunga inferiore a quella necessaria per considerarlo “rifiuto pericoloso”».

Il comasco ed il tradatese  oggi  escono immacolati da una vicenda che è costata sofferenza umana e risorse economiche per difendersi. A loro gli “accusatori” non hanno fatto mancare nulla: campagna massmediatica con titoli di giornale “sbatti il mostro in prima pagina” (e l’apoteosi raggiunta dal servizio del Tg1 del 3 Marzo 2018 in cui la tesi era ovviamente quella del lago di Mezzola inquinato e la salute dei residenti gravemente compromessa) e classici sit-in davanti al Tribunale di Sondrio con voluminosi cartelli inneggianti a una non meglio precisata richiesta di giustizia, che poteva esser soddisfatta (forse), solo con l’individuazione di un colpevole (chiunque esso sia).

Sembra che, da troppo tempo, nel nostro Paese prevalga un pregiudizio contro tutto ciò che rientra, a torto o a ragione, nell’alveo della cultura industriale; e da questo punto di vista la Valchiavenna non fa eccezione. L’opinione diffusa è che le fabbriche, i laboratori, i luoghi preposti alla produzione sono per antonomasia fonte d’inquinamento.

L’industria è quindi da aborrire perché depaupera la natura e mina la salute degli uomini. Il vero obiettivo per migliorare la qualità della vita è la decrescita felice. Anche un bambino di quinta elementare sa che un’economia florida si basa sui tre settori dell’agricoltura, dell’industria e del terziario.

La deindustrializzazione ha messo in crisi l’agricoltura e ancor di più il terziario. Fermo restando che la salvaguardia della salute dei cittadini non può essere messa in discussione la domanda è: accertato che non esiste inquinamento del sottosuolo e che quindi sarebbe possibile l’utilizzo dell’ex area dello stabilimento Falck , l’attività di chi fa impresa che danno può arrecare a Novate Mezzola?

Creare nuovi posti di lavoro, più altri nell’indotto, non è per la Valchiavenna un oggettivo vantaggio? Può, per esempio, essere motivo sufficiente per bloccare l’apertura di un’ulteriore sito estrattivo l’aumento del traffico (anche di autoarticolati per il trasporto di materiale) che esso genererebbe?

Il traffico si decongestiona o con nuove o con più ampie strade, non con la chiusura delle aziende. L’Iperal di Colico non sarebbe mai sorto se l’aumento del traffico fosse stato preso come metro di giudizio per autorizzarne o meno la realizzazione.

La Valchiavenna, come l’intero nostro Paese, ha bisogno di sviluppo. Occorrono più aziende – nel rispetto della coscienza ecologica che fortunatamente abbiamo da anni acquisito – in grado di dare lavoro e quindi benessere. Sono nocive e vanno contrastate le prese di posizione ideologiche che, esasperando una presunta tutela della natura, impediscono la nascita di qualsiasi attività produttiva.

Il virus di Wuhan sta provocando vittime in tutto il mondo e colossali danni economici. Nel nostro Paese, contrariamente a quanto accaduto altrove, non s’è vista alcuna mobilitazione contro chi ha causato la pandemia. Chissà se, anche in questo caso, i vari comitati a tutela della salute leveranno il loro grido d’indignazione?

Credit foto Hans Braxmaier

Condividi:

Related posts