Giallo-rossi: occhio alla Primavera calda

Recriminare sugli errori fin qui fatti dal Governo non serve, dobbiamo invece allarmarci per quelli che sta per commettere.

Riassumendo le dichiarazioni di alcune teste pensanti che, per nostra fortuna, ancora esistono nel nostro Paese, temiamo che non pochi ministri ignorino, o fingano d’ignorare, che l’Italia non è vicina, ma è sopra una polveriera.

Il filosofo Massimo Cacciari dice che «se vogliamo evitare catastrofi sociali, ci devono essere provvedimenti di aiuto e di sostegno alle categorie più colpite che sono la metà di questo Paese. Servono interventi precisi e rapidi, altrimenti il Paese scoppia».

Parole alle quali fanno eco quelle dell’economista Giulio Tremonti: «Il Governo ha risposto bene con il lockdown totale, ma ha mancato l’appuntamento con l’organizzazione della fase 2. E questo lascia pensare che il peggio debba ancora venire, quando si tratterà di fare il conto del danno economico e gestire la crisi sociale che verrà».

Del resto gli ammonimenti del Filosofo e dell’Economista sono in perfetta sintonia con le conclusioni a cui era già arrivato il Censis che in un rapporto del 2018 denunciava che «L’immagine dell’Italia è quella di un Paese che nutre un forte disagio per il presente, ha una grande nostalgia del passato (7 italiani su 10 sostengono che “si stava meglio prima”) ed è incapace di investire nel proprio futuro.

Le ragioni sono tante: dalla bassa natalità (dal 1951 a oggi si sono persi 5,7 milioni di giovani) alla progressiva scarsità di reddito (rispetto alla media della popolazione, le famiglie giovani, con meno di 35 anni di età, hanno un reddito più basso del 15% e una ricchezza inferiore del 41%), dalla crisi sociale allo smarrimento della cultura del rischio personale, indispensabile per rimettere in moto la crescita e i meccanismi di ascesa della scala sociale».

Ecco, ignorare o fingere d’ignorare che sta per scoppiare una crisi sociale dagli esiti imprevedibili è il vero problema al quale si dovrebbe dare repentina soluzione.

Fermiamoci sulle cosiddette partite Iva i cui animi si sono ulteriormente esacerbati per «l’irresponsabilità di aver promesso (a loro) un ristoro immediato senza però stanziare una somma adeguata», come hanno potuto facilmente contestare al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri i senatori della Lega, Paolo Arrigoni e Alberto Bagnai.

Memori di quanto affermato dallo stesso Ministro il 15 Settembre nell’audizione presso le Commissioni riunite Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati e cioè che «era già stato esaurito il plafond di 5 miliardi di euro stanziati per la prima misura di sostegno alle partite Iva» (quello relativo ai primi mesi dell’epidemia), i senatori leghisti hanno agevolmente smascherato Gualtieri.

Non solo, lo hanno pure spronato «a rifinanziare con urgenza il fondo a copertura del contributo per le partite IVA», chiedendogli, nel contempo,«un impegno a individuare una data certa entro la quale sarà erogato tale contributo alle aziende che ne hanno fatto richiesta».

Se al mancato sostegno economico aggiungiamo il terrorismo diffuso da quasi tutti i media, secondo i quali si muore solo di virus di Wuhan, l’Italia finisce per avvolgersi in una spirale autodistruttiva.

Atterrire è un comportamento rischioso e più di un direttore di giornale dovrebbe preoccuparsi di non essere incriminato per “procurato allarme”.

A questo proposito le parole del geriatra Roberto Bernabei, membro del Comitato Tecnico Scientifico dovrebbero suonare come un campanello d’allarme: «Capisco bene che puntare sul dramma fa più effetto. È la solita storia, le notizie buone non fregano a nessuno. Il problema è che qua fottiamo il Paese perché poi i Pronto Soccorso sono pieni, perché la gente ha paura… si chiama procurato allarme».

Che si fa, allora? Ci rassegniamo? Continuiamo ad assecondare la decrescita felice non solo materiale, ma anche e soprattutto spirituale? Nemmeno per sogno. Gli anticorpi ci sono e hanno già cominciato a mostrare la loro vitalità.

Ancora una volta dobbiamo essere riconoscenti al Magistero della Chiesa che attraverso alcuni suoi vescovi – Sanguineti (Pavia), Crepaldi (Trieste) e Camisasca (Reggio Emilia) – ha cominciato a svegliare dal torpore in cui sembra piombata l’intera società italiana.

Infatti questi tre presuli hanno cominciato a spiegare che «il nostro popolo, già provato dalla pandemia nei mesi del lockdown, può correre il rischio di entrare in una visione paranoica della realtà, distaccata cioè dalle vere dimensioni del pericolo».

Un pericolo che si annida in diversi centri di potere politico e finanziario «che intendono usufruire della pandemia per riorganizzare, in un senso che non può lasciarci tranquilli, l’economia mondiale».

Di più: «Si sta chiedendo alla popolazione di cambiare stile di vita». Se tale richiesta può avere un senso, si chiedono però i Vescovi «come mai tra i cambiamenti di vita proposti non c’è mai la riscoperta della famiglia, del matrimonio, della procreazione secondo modalità umane, dell ‘importanza anche economica ed ecologica della natalità?». 

Dopo tanto silenzio, frutto della plurisecolare virtù della prudenza praticata dalla Chiesa, i Vescovi si muovono: un segno che lascia ben sperare e che induce a credere che, finalmente, si comincia ad intravedere una luce in fondo al tunnel.

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