Europa non è (solo) UE

Queste righe escono nel giorno in cui papa Francesco ha scelto di consacrare Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, come la Madonna stessa chiese nel 1917 ai pastorelli di Fatima ai quali anticipò il dramma che l’Europa avrebbe vissuto di lì a poco.

Si può sottovalutare questo gesto o considerarlo inadeguato alle necessità del tempo presente. Per i credenti in realtà è il gesto più concreto perché aiuta a riconoscere che la realtà ha un senso, che la storia non è un ripetersi ciclico di eventi ma cammina, anche se in modo per noi ancora enigmatico, verso un fine buono. La preghiera di consacrazione è quindi anche una richiesta di comprendere il senso degli avvenimenti in corso per costruire un giudizio e generare azioni che possano rispondere ai diversi bisogni che questa guerra sta generando.

A proposito di riflessioni e giudizi adeguati voglio commentare un intervento di Mauro Magatti che Avvenire ha pubblicato mercoledì scorso.

Magatti parte dalla domanda su come sia possibile fermare Putin. Apprezzando quanto è stato fatto finora per sostenere l’azione difensiva dell’Ucraina con realismo sottolinea: “Il crinale storico su cui ci muoviamo è rischiosissimo: la tenace resistenza ucraina fa da argine all’aggressore, ma ha costi enormi in termini di vite umane e spostamenti di popolazione; le sanzioni economiche danneggiano la Russia ma destabilizzano anche l’economia mondiale, aumentando povertà e disuguaglianza; i passi diplomatici sono delicatissimi e rischiano di allontanare le posizioni invece di avvicinarle. Ogni parola detta (o non detta), ha un peso enorme.”

Il realismo dell’intervento del sociologo comasco smonta l’illusione di quanti pensano che la soluzione sia l’abbattimento – per via interna o esterna- di Putin: è la stessa illusione che negli anni scorsi ha portato i governi occidentali a sostenere le varie primavere arabe nel mediterraneo con l’unico risultato di sostituire tiranno a tiranno.

Fermare Putin, scrive Magatti, “ implica prima di tutto bloccare il suo tentativo di estendere il conflitto. Significa non accettare il suo gioco, e riuscire a cambiare schema. Può non piacere. Ma l’invasione dell’Ucraina segna la rottura strutturale dell’ordine globale liberale sorto con il 1989. Conseguenza del fatto che in questi 33 anni il mondo è cambiato profondamente. Il tema vero è quello di arrivare a un nuovo ordine globale evitando la guerra.”

In questa osservazione non è difficile leggere in trasparenza anche le preoccupazioni del papa, più volte ripetute, sul fatto che la guerra non può mai essere la soluzione dei problemi, per quanto gravi, che esistono tra le nazioni.

Poi l’osservazione centrale che merita anche riflessioni più approfondite sulle quali varrà la pena tornare: “Possiamo e dobbiamo essere convinti del nostro modello culturale. Ma non possiamo immaginare che tutto il mondo sia pronto ad assumerlo. È questo il realismo da cui occorre partire. La Cina non accetterà di rompere l’alleanza con la Russia senza vedere riconosciuto il proprio ruolo di superpotenza mondiale. Ma la stessa cosa vale, su scala minore, per l’India e la galassia islamica.”

Fischiano le orecchie a quanti sostengono l’esportazione della democrazia con le armi?

Magatti propone invece di “fluidificare le contrapposizioni lavorando per costruire una convergenza attorno all’interesse globale per la pace. Che è la vera ‘arma’ per bloccare la guerra resa aperta dal leader di Mosca.”

E dove trovare le risorse per questa azione di pace” ? “La trappola in cui Putin vuole attirare la Nato è creare lo scontro ‘Occidente vs resto del mondo’. Sarebbe fatale cascarci. Non serve scaldare gli animi. All’Occidente serve piuttosto la saggezza di saper pescare dal suo ricco bagaglio spirituale (sì, proprio da quello!) ciò che è necessario per ‘rubare’ il gioco di Putin. La nostra prima responsabilità è di dimostrare che le ragioni di cui siamo portatori – proprio perché hanno valore universale – non sono una nostra proprietà esclusiva. Ma possono e debbono trovare eco, anche se con tonalità diverse, in altri universi culturali. È solo a partire da qui che la pace può essere ritrovata.”

Ecco una riflessione in controtendenza con quello che possiamo leggere o ascoltare ogni giorno dalla maggior parte dell’informazione: qui sentiamo l’eco dell’insegnamento costante della chiesa, le preoccupazioni di Ratzinger (l’Occidente non ama più se stesso) e il respiro di un’Europa a due polmoni come si augurava san Giovanni Paolo II.

E’ un gravissimo errore ridurre l’Europa all’Unione Europea (che peraltro si è ben guardata a suo tempo di accogliere la proposta di ricordare le sue origini giudaico-cristiane), si può essere un paese europeo anche senza aderire alla UE – e la Russia lo è (almeno nella sua parte a occidente degli Urali).

Oggi l’UE è incerta sulla sua identità culturale, divisa sugli interessi economici (la guerra sta evidenziando queste differenze al di là di convergenze immediate), pressata da quanti vogliono forzare verso un’unione politica più stretta che arrivi fino a un esercito comune, dimenticandosi però di coinvolgere in questo progetto le popolazioni interessate.

E’ sempre più chiaro che le sole convenienze economiche non bastano a costruire un Unione politica ma forse, e soprattutto, è venuto il momento di una seria riflessione su quello che Magatti ha chiamato “la rottura strutturale dell’ordine globale liberale sorto con il 1989” e di cui il nostro ottimismo occidentale fatica a rendersi conto.

Un UE che rimanesse immobile e rigida nei suoi schemi attuali resterebbe tagliata fuori dai nuovi processi ormai iniziati. C’è di che riflettere.

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