Armi, guerra, feriti, sangue: la pace invoca altre parole

Nei giorni scorsi ci sarebbe stato un incontro tra Guido Crosetto, ministro della Difesa, Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Orazio Schillaci, ministro della Salute. Usiamo il condizionale perché la notizia viene da fonte attendibile, ma non abbiamo avuto modo di verificarla.

Nella loro riunione i tre ministri avrebbero stilato un elenco di ospedali sicuri per curare militari feriti nel corso di operazioni belliche. In Lombardia i tre nosocomi individuati sarebbero Bassini, Sacco e San Carlo. Uno dei criteri fondamentali per far cadere la scelta sulle tre strutture ospedaliere è la possibilità di far atterrare un elicottero nei pressi dei rispettivi Pronto soccorso.

Questa notizia (ripetiamo: da verificare) potrebbe essere davvero attendibile, purtroppo, alla luce di quanto sta girando sui social a proposito della Torino-Lione, la famosa Tav.

I lavori dell’importante collegamento ferroviario dovrebbero riprendere celermente in previsione del trasporto di feriti della Nato (e magari anche di materiale bellico), da Torino a Parigi, perché la capitale francese sarebbe destinata ad ospitare il più importante hub ospedaliero militare d’Europa.

Ovviamente ci piacerebbe schierarci totalmente dalla parte di coloro che, su certe notizie, sollevano le sopracciglia, perplessi, ma troppi fatti ci inducono ad essere prudenti e quindi a non scartare del tutto l’ipotesi che qualche informazione, trapelata inaspettatamente, possa essere autentica.

Da troppo tempo le opinioni pubbliche dei Paesi europei sono tempestate di notizie inquietanti che tendono a dipingere la Russia come un nemico pericoloso contro il quale difendersi.

Così si invoca e si giustifica il riarmo, si cita la Germania come virtuosa nazione che tra poco reintrodurrà la leva obbligatoria, si segnala la fermezza dei Paesi scandinavi decisi ad opporsi all’orso sovietico, si plaude a Macron per la “generosità” con cui metterebbe a disposizione degli europei le sue 200 bombe atomiche (la Russia ne possiede 5.700), ci si entusiasma per i colpi dei servizi segreti ucraini in terra russa (orditi, in realtà, con l’aiuto di quelli britannici) e via di questo passo.

Insomma qualcuno sta alacremente lavorando per trascinare l’Europa in un conflitto contro la Russia e sta preparando i popoli ad accettare tale disegno. La domanda, semplice ed eterna, è: “cui prodest”, a chi giova? Chi ha interesse a scatenare un conflitto?

Non i militari di professione che, non per pavidità, ma per cognizione di causa, sono i primi a sapere che cosa significhi una guerra e men che meno i cittadini comuni perché hanno tutto da perdere, a cominciare dalla vita.

Da sempre, come ha insegnato la storia, le guerre arricchiscono chi produce beni utili a sostenere i conflitti: l’industria bellica, le banche, gli speculatori finanziari che trafficano negli armamenti.

Si tratta di poche persone in confronto di milioni di esseri umani. Il lettore non dovrebbe avere difficoltà a dare un nome a costoro. Torniamo a bomba: se al Bassini, Sacco e San Carlo dovessero davvero arrivare feriti, non si capisce da quale fronte (quello russo?), il sangue per le trasfusioni basterebbe ancora per i civili ricoverati? Domandina banale, certo; e in caso diventasse carente chi ne verrebbe privato?

È ora di richiamare al senso di responsabilità i direttori degli organi d’informazione perché invertano l’attuale narrazione e mettano meno ansia nei lettori (pochi) rimasti, cominciando a depennare titoli enfatici e testi iperbolici a favore della guerra.

Il monito di Benedetto XV che definì «inutile strage» il primo conflitto mondiale e quello di Pio XII che, in un radio messaggio, disse: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra», sono di straordinaria attualità e dovrebbero essere posti come pietra miliare per riprendere a costruire un percorso che porti alla pace nel mondo.

La Chiesa è ricca di perle di saggezza. Si tratta solo di (ri)pescarle facendone buon uso; e senza pagare royalty.

didascalia: immagine da IA

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