Olimpiadi in conclusione, Taiwan osservata speciale e Hong Kong ha la febbre…

Generale Giuseppe MorabitoMembro del Direttorio della NATO Defence College Foundation. Le Olimpiadi Invernali di Pechino terminano domani e mentre tutto il mondo volge preoccupato lo sguardo a cosa accadrà ai confini di Russia e Ucraina, potrebbe succedere che la “tregua” olimpica possa, al suo termine, anche rivelare il riemergere di un’altra crisi, quella nell’Indo-Pacifico. Logicamente in tutto il mondo democratico e liberale si spera di no!

Per la crisi russo-ucraina, comunque , per il Presidente americano Biden, fino a poche ore fa, c’era ancora spazio per tornare a un tavolo di trattative, vedremo…

A similitudine di quanto fatto con l’Ucraina , l’amministrazione di Biden ha promesso di rispondere a difesa di qualsiasi attacco della Cina Popolare a Taiwan, l’isola a statuto democratico che si trova al largo delle coste della Cina continentale.

Due crisi contemporanee sarebbero un problema per Washington e non si può escludere che il rifiorito asse strategico sino – russo non sfrutti l’occasione per mettere alle corde Biden e il suo staff, non sempre performante sul piano internazionale, vedasi Afghanistan…

Per decenni la posizione degli Stati Uniti sulla Repubblica di Cina- Taiwan è stata riassunta come “ambiguità strategica” ma negli ultimi anni gli Stati Uniti, per sottolineare il loro appoggio a Taipei, hanno intensificato il transito delle navi da guerra americane attraverso lo Stretto di Taiwan e gli USA si sono confermati i più grandi fornitori di armi dell’isola.

Gli statunitensi apprezzano Taiwan come stretto partner economico e fornitore chiave di semiconduttori (un componente essenziale in molti dispositivi elettronici), un convinto sostenitore politico degli Stati Uniti e un contrappeso all’ascesa della Cina Popolare in Asia.

Pe non provocare reazioni di Pechino, i taiwanesi hanno tollerato a lungo il nome “Taipei Cinese” come parte di un compromesso riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale con la Cina Popolare per consentire a ciascuna parte di inviare le proprie squadre a tutti gli eventi.

In questi giorni, le squadre olimpiche taiwanesi portavano una bandiera bianca del Taipei cinese sulle loro divise con un fiore a cinque petali al centro invece dello stendardo ufficiale di Taiwan.

L’inno nazionale è bandito dai Giochi Invernali 2022, anche se gli organizzatori delle Olimpiadi estive di Tokyo avevano permesso che fosse trasmesso come parte di una celebrazione della vittoria dopo che la squadra taiwanese aveva battuto la squadra cinese nella partita per la medaglia d’oro del doppio di badminton maschile.

Sebbene il testo dell’inno sia stato modificato è noto che per taiwanesi “vincere medaglie per Taiwan” e per la propria gloria è più significativo dell’uguaglianza di trattamento con la Cina Popolare.

In effetti, gli elettori taiwanesi avevano rifiutato una proposta di cambio di nome per le Olimpiadi in “Taiwan” dal 55,9% al 45,2% in un referendum del 2018 perché’ a loro importava più che Taiwan fosse in grado di inseguire medaglie e ottenere una preziosa visibilità sulla TV mondiale. Quanto precede, per gli abitanti dell’isola è una buona cosa quando in quanto i taiwanesi compatti iniziano a mettere in discussione la narrativa preferita dalla Cina Popolare e le restrizioni imposte a Taiwan.

In effetti, la partecipazione di Taiwan segue la tendenza in Asia, dove i paesi normalmente rifiutano le Olimpiadi come evento politico e sperano di trovare un approccio sereno con la Cina Popolare il cui potere economico in Asia impedisce ad alcuni governi di annunciare boicottaggi (i paesi del sud-est asiatico considerano l’economia cinese da 15,6 trilioni di dollari come un mercato insostituibile per le esportazioni e fonte di investimenti diretti).

Ne è esempio il fatto che dopo che la Corea del Sud ha installato un sistema antimissilistico, fornito dagli Stati Uniti nel 2016, contro la volontà di Pechino, il turismo cinese in Corea del Sud e le importazioni di prodotti culturali coreani sono stati improvvisamente sospesi e, inoltre, la Cina Popolare ha imposto sanzioni economiche a Seoul. Le sanzioni avrebbero causato una perdita di quasi 16 miliardi di dollari al solo settore turistico della Corea del Sud.

Mentre cala il sipario sulle Olimpiadi, la città stato di Hong Kong sta per vivere i suoi tre mesi peggiori dall’inizio della pandemia di covid-19. Con il numero di nuovi casi che si moltiplicano e raddoppiano ogni pochi giorni, l’hub finanziario e commerciale di 7,5 milioni di persone deve affrontare un’epidemia che, se si verificasse nella Cina Popolare continentale, scatenerebbe un blocco in tutta la città, con milioni di persone costrette a rimanere a casa anche per settimane.

Hong Kong non chiuderà allo stesso modo, il suo amministratore delegato (quando fu eletta era sostenuta da Pechino), Carrie Lam lo ha assicurato il 15 febbraio, anche se ha ammesso che una quinta ondata di covid sta travolgendo ospedali e luoghi di quarantena con un numero importante di vittime.

Il governo centrale della Cina Popolare, sapendo che un blocco non può essere imposto semplicemente dalla capitale, ha affermato che la responsabilità primaria del controllo della pandemia spetta a Hong Kong, ma la cautela dei dirigenti di Hong Kong sta rendendo irrequieti i leader nazionali a Pechino.

Sempre il 15 febbraio i media ufficiali della Cina Popolare hanno riportato le dichiarazioni del presidente Xi Jinping secondo cui il territorio di Hong Kong usa “tutte le misure necessarie” per controllare l’epidemia (per far passare un messaggio preoccupazione da parte del Presidente XI per i residenti, un tabloid statale di Hong Kong lo ha raffigurato accanto al cuore di San Valentino).

Una raffica di editoriali di commentatori e studiosi, istruiti da Pechino, si lamenta dei funzionari di Hong Kong che “adorano” i valori occidentali e non hanno fiducia nella strategia “politica zero covid” della Cina Popolare per reprimere ogni focolaio.

Logicamente la situazione a Hong Kong infastidisce non poco il governo centrale di Pechino perché’ più aumenta l’attenzione sui focolai della pandemia in Cina Popolare più l’opinione pubblica mondiale torna sul fatto che la pandemia e i danni correlati in tutto la terra originano proprio dagli errori commessi nella città cinese di Wuhan.

Se i modelli degli epidemiologi hanno ragione, l’ultima ondata pandemica di Hong Kong diminuirà entro l’estate.

A quel punto seguirà una resa dei conti politica più ampia che preoccupa non poco Taiwan perché’, nei desideri del Comitato Centrale del Partito Comunista di Pechino, l’isola dovrebbe divenire una provincia della Cina Popolare e , se le va bene, assumere uno stato di governo simile a Hong Kong.

C’è solo da sperare che lo “Spirito Olimpico” sia stato fecondo di “Tolleranza Democratica”.

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