Elezioni a Taiwan, il “vento”, forse, cambia poco…

Generale Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation. La Presidente della Repubblica di Cina- Taiwan, Tsai Ing-wen si è dimessa da leader del Partito progressista democratico al governo dell’isola, dopo che il suo partito ha subito pesanti perdite percentuali nelle elezioni di metà mandato nello scorso fine settimana.

Nella Repubblica di Cina- Taiwan a partire Nel 1987, la legge marziale è stata revocata e il paese si è avviato in un processo di democratizzazione, iniziato con l’abolizione delle “disposizioni temporanee” e culminato con la prima elezione diretta del presidente nel 1996.

La Presidente Tsai aveva preso la guida del Partito Democratico Progressista (DPP) da Cho Jung-tai il 20 maggio 2020, quando è stata eletta per il suo secondo mandato presidenziale e si è dimessa da leader del partito in seguito alle citate elezioni locali.

Appare ormai chiaro che la sconfitta del DPP nel voto di sabato sia da vedere come una sconfitta per la Presidente Tsai poiché aveva cercato di inquadrare le elezioni – tecnicamente una problematica locale per scegliere sindaci, consiglieri e capi di contea – come un mezzo per inviare un messaggio contro la crescente bellicosità di Pechino nei confronti dell’isola .

Pechino è stata sempre più assertiva nelle sue rivendicazioni territoriali su Taiwan negli ultimi mesi e ad agosto ha lanciato esercitazioni militari su larga scala intorno all’isola in risposta a una controversa visita a Taipei della Presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi.

Pechino considera la democratica Taiwan come una provincia che deve riunirsi alla Cina Popolare. La minaccia, non velata, del Partito Comunista Cinese è quella di trasformare l’isola in uno Stato di Polizia, dopo una cruenta occupazione, e tutto questo dopo aver dimostrato al mondo come Pechino agisce a Hong Kong e nelle aree dove c’è un’opposizione al regime comunista.

Nello specifico, il presidente cinese Xi Jinping ha recentemente affermato che la Cina Popolare si riserva la possibilità di “prendere tutte le misure necessarie” contro “l’interferenza di forze esterne” sulla questione di Taiwan. Pechino, sostiene che l’isola non dovrebbe avere il diritto di condurre relazioni estere.

La storia ci dice che “ufficialmente” la Repubblica di Cina è stata fondata nel 1912 in territorio cinese continentale. A quel tempo, l’isola di Taiwan era sotto il dominio coloniale giapponese a seguito del Trattato di Shimonoseki del 1895, con il quale l’impero Qing cedette Taiwan al Giappone. Il governo della Repubblica Democratica di Cina iniziò ad esercitare la giurisdizione su Taiwan nel 1945 dopo che la resa del Giappone alla fine della Seconda Guerra mondiale.

Il governo della Repubblica di Cina si trasferì a Taiwan nel 1949 mentre si combatteva la guerra civile con il Partito Comunista Cinese. Da allora, la Repubblica di Cina ha continuato ad esercitare la giurisdizione effettiva sull’isola principale di Taiwan e su un certo numero di isole periferiche, permanendo Taiwan e la Cina Popolare ciascuna sotto il governo diverso. Per quanto precede, le autorità di Pechino (Partito Comunista cinese) non hanno mai esercitato la sovranità su Taiwan o su altre isole amministrate dalla Repubblica di Cina. Questo è un dato di fatto inconfutabile!

Ma la “scusa” storico/politica di riunificare la Cina è appunto solamente una “scusa” storico/politica di facciata.

La realtà sta ne fatto che, come già indicato, Taiwan è uno dei ( se non il…) più importanti produttori di semiconduttori mondiali ed è palese che l’attenzione di Pechino nei confronti di Taipei non è quindi solo dovuta a ragioni storico/politiche e alla posizione strategica dell’isola che controlla i commerci marittimi che passano nello stretto di Taiwan ma anche, se non soprattutto, al fatto che la produzione di semiconduttori sull’isola è basilare per l’economia industriale mondiale.

Questo atteggiamento ostile della Cina Popolare, comunque, sembra aver fatto ben poco per aumentare le fortune del DDP, che è stato superato dal partito, oggi di opposizione, Kuomintang (KMT) nelle votazioni locali in molte aree dell’isola.

Secondo la Central News Agency ufficiale di Taiwan, il KMT – che è ampiamente considerato più favorevole a rapporti amichevoli con Pechino e sostiene maggiori legami economici con la Cina continentale – ha vinto le elezioni del sindaco in 13 contee contro solo cinque, uno in meno rispetto alle ultime elezioni locali , del DDP.

“Accettiamo umilmente i risultati delle elezioni e la decisione del popolo di Taiwan”, ha dichiarato la Presidente Tsai sabato sera ed ha aggiunto di “essersi già dimessa da capo del partito per “assumersi pienamente le responsabilità”. La Tsai rimarrà presidente della repubblica di Cina in quanto il suo mandato presidenziale termina nel 2024.

Il risultato arriva nonostante la crescente retorica di Pechino. Il mese scorso il leader cinese Xi Jinping ha dichiarato a una riunione del Partito Comunista che “le ruote della storia stanno girando verso la riunificazione della Cina” e che (come anticipato) Pechino non rinuncerà mai all’uso della forza per conquistare Taiwan.

Gli analisti hanno affermato che il risultato ha mostrato che gli elettori erano più concentrati su questioni interne come l’economia e il benessere sociale.

“Gli elettori taiwanesi sono diventati insensibili alla minaccia militare cinese. E quindi non c’è la stessa urgenza percepita di porre la questione della sopravvivenza in primo piano e al centro”, ha affermato Wen-ti Sung, politologo del Taiwan Studies Program dell’Australia National University.

La minaccia militare della Cina Popolare è sempre stata presente e non è iniziata solo quest’anno e oramai parrebbe che i taiwanesi, siamo abbastanza abituati alla retorica di Pechino che, quindi non ha avuto un grande impatto su chi vota anche perché per molti taiwanesi in un’elezione presidenziale, vanno considerate di più le questioni globali, perché un presidente può influenzare l’economia e la posizione internazionale mentre, anche nel lontano Indo-Pacifico, in un’elezione a sindaco interessa di più ciò che un candidato può proporre ai residenti locali, come, ad esempio, la pianificazione delle infrastrutture e i sussidi alle famiglie.

Il KMT, noto anche come Partito Nazionalista Cinese, ha mantenuto il governo della repubblica di Cina tra il 1912 e il 1949, quando si ritirò a Taiwan dopo aver perso una guerra civile contro il Partito Comunista Cinese.

Il KMT ha istituito il proprio governo sull’isola – dopo averne preso il controllo dal Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale e da allora, il Partito Comunista ha nutrito ambizioni di “riunificazione” con Taiwan ( anche con la forza) se necessario.

Il KMT è, storicamente e anche oggi, ampiamente considerato più “amichevole” nei confronti di Pechino rispetto al DPP al governo, e accetta un cosiddetto “consenso del 1992”, una tacita intesa secondo cui sia Taipei che Pechino riconoscono di appartenere a “una Cina”, ma con interpretazioni diverse di cosa che comporta. La posizione del DPP è difendere sullo status quo di Taiwan come governo .

Tra le vittorie più importanti nelle gare di sindaco c’è stata quella di Chiang Wan-an, pronipote di Chiang Kai-shek. Diventerà il prossimo sindaco di Taipei dopo aver battuto Chen Shih-chung del DPP, che è stato ministro della salute di Taiwan durante la pandemia di Covid-19.

In una dichiarazione di sabato sera, l’ufficio cinese per gli affari di Taiwan a Pechino ha affermato che i risultati delle elezioni hanno mostrato che la maggior parte delle persone a Taiwan apprezza “la pace, la stabilità e una buona vita” e che la Cina Popolare continuerà a “opporsi fermamente all’indipendenza di Taiwan e alle interferenze straniere”.

Tuttavia, gli esperti geopolitici dell’ area hanno affermato che la vittoria del KMT non riflette necessariamente un cambiamento nel modo in cui il popolo di Taiwan vede il suo rapporto con la Cina Popolare e che il risultato di queste elezioni non riflette ciò che gli elettori faranno per la scelta del prossimo presidente nel 2024.

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