I giovani: “Dateci buone ragioni per diventare adulti”

Sempre meno nascite in Italia. Il rapporto Istat “Natalità e fecondità della popolazione residente” conferma che nel 2021 sono nati 400.249 bambini, l‘1,1% in meno rispetto all’anno precedente (- 4.643).

Negli ultimi 15 anni, dal 2008 ad oggi, le nascite sono diminuite di 176.410 unità (- 30,6%). «Questa diminuzione è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (314.371 nel 2021, quasi 166 mila in meno rispetto al 2008)», spiega il Rapporto.

Se i numeri hanno ancora un senso dobbiamo prendere atto che una società che diminuisce di 300.000 unità all’anno ha davanti a sé un breve futuro: nel corso del 2021infatti sono morte 709 mila persone, rispetto a una media – tra il 2015 e il 2019 – di 645 mila decessi annuali.

Sempre secondo l’Istat, in Italia nel 2021, sono state notificate 66.413 Ivg (interruzioni volontarie di gravidanza).

Nel nostro Paese parrebbe quindi farsi largo una cultura di morte. Ne è una prova ulteriore il tema dell’eutanasia, insistentemente tenuto caldo dalla quasi totalità dei giornali.

Questo trend nichilistico che attanaglia gli italiani, comunque, non prevarrà perché è in antitesi con la loro storia. La storia, si badi bene, di un popolo solare e aperto alla vita che per generazioni, grazie alla sua innata creatività e gusto per il bello, ha sempre guardato al futuro con fiducia calamitando su di sé la simpatia di miliardi di persone di tutti i continenti.

Il made in Italy piace ed è copiato: moda, cibo, sport, arte e cultura.

I giovani italiani riprenderanno fiducia in sé stessi, riaprendosi alla promozione della vita e alla genitorialità, quando torneranno a percepire il valore della famiglia riconoscendole la capacità di generare insostituibili vincoli affettivi.

È fondata l’opinione che la denatalità sia anche dovuta alla mancanza di lavoro stabile che costringe molti giovani a rinunciare a progetti e ad aspettative come quella di costruire una famiglia o di acquistare una casa.

In queste colonne abbiamo documentato ripetutamente come l’introduzione dell’euro e la globalizzazione abbiano ampiamente diminuito il benessere degli italiani.

Altrettanto inconfutabile però è il fatto che anche tanti giovani non assillati da problemi economici non siano disposti ad assumersi la responsabilità di creare una famiglia preferendo crogiolarsi in uno statu di perenne (e talvolta scriteriata) adolescenza.

Serpeggia insomma, dagli “anni della Milano da bere”, una patologia del giovanilismo che sembra davvero difficile da estirpare. Troppi cattivi maestri hanno fatto breccia nel cuore di tanti e molte coscienze stentano ancora ad uscire dalla lunga vacanza che si sono presa.

Ciò nonostante comincia ad intravedersi lo sforzo di non pochi teenager di riappropriarsi di quelle virtù che hanno segnato positivamente la vita dei loro genitori e nonni. I Fedez e gli influencer segnano il passo?

Gli insegnanti, i papà, le mamme, gli zii, i nonni tornano di moda come educatori? Chissà? Forse.

Fanno comunque riflettere le parole della lettera che don Giampietro Corbetta, prevosto e decano della Comunità pastorale Maria Madre Immacolata di Varese, ha inviato ai fedeli per la festa della famiglia di domenica 29 Gennaio.

Scrive il Sacerdote: «Abbiamo affrontato e lo stiamo ancora facendo una pandemia devastante dal punto di vista delle relazioni interpersonali… stiamo affrontando una crisi economica che ci sta mettendo duramente alla prova…

Stiamo convivendo con una crisi di fede e di valori umani senza precedenti… vogliamo almeno aiutarci a costruire un futuro promettente per i nostri figli! … perché, come ci ha detto l’arcivescovo Mario nel suo ultimo discorso alla città, le nuove generazioni ci rivolgono l’invocazione: “Dateci buone ragioni per diventare adulti!”».

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