Attacco ad allevatore di Tremezzina Dna riconducibile a un cane

Non è stato un lupo. L’allevatore di Tremezzina, in provincia di Como, lo scorso mese di maggio è stato aggredito da cani. Lo ha stabilito l’esito delle analisi dei laboratori della Fondazione Edmund Mach di Trento che su incarico di Regione Lombardia effettua le analisi genetiche sui campioni biologici presumibilmente di lupo.

Tutto ciò avviene nell’ambito delle attività di monitoraggio della presenza e della distribuzione della specie sul territorio regionale. Dal risultato si evince che il dna è quello del cane. Lo fa sapere l’assessore regionale al Territorio e Sistemi verdi Gianluca Comazzi.

Le indagini della Polizia Provinciale di Como non hanno poi riscontrato, in quell’area, la presenza di carcasse di animali riconducibili alla presenza di lupi. Quello che invece è certo è la frequente presenza di cani vaganti, fatto di cui diversi allevatori della zona si sono lamentati. Era infatti stata rilevata la presenza di due cani liberi che disturbavano gli animali al pascolo.

La Regione Lombardia monitora la presenza del lupo già da anni. Il primo branco delle alpi lombarde si è formato nel 2015 proprio in Alto Lario. Da allora la presenza del lupo viene rilevata ogni anno, mediante monitoraggi sistematici e raccolta e verifica delle segnalazioni.

“Regione Lombardia – ha aggiunto Comazzi – è soprattutto impegnata anche nella prevenzione. Nell’ambito del progetto Life Wolfalps EU sono infatti state create squadre di intervento a supporto degli allevatori il cui lavoro è informarli sulle modalità più efficaci di prevenzione dei danni”.

Dal 2020 sono stati effettuati 116 interventi in campo a supporto delle aziende, 78 interventi di verifica della funzionalità di dotazioni per la prevenzione già in uso, 71 contatti con aziende agricole per fornire informazioni sulle opportunità di finanziamento per la prevenzione.

Dal 2016, inoltre, sono stati consegnati anche 90 kit di prevenzione.

“In questi ultimi mesi – ha concluso l’assessore regionale – in seguito a casi di predazione e richieste dal territorio, in particolare nell’Alto Lario, si sono intensificati i contatti con gli allevatori e i sopralluoghi ad hoc nelle aziende agricole per valutare le esigenze di protezione”

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