Florovivaismo, un anno fa l’inizio della crisi

Fu l’inizio di “una crisi senza precedenti”, che provocò per il florovivaismo varesino un crollo del mercato dal 70% al 100% nel momento più delicato della stagione.

 Oggi, a un anno esatto di distanza dal primo lockdown del 9 marzo 2020, si guarda con preoccupazione a quello scenario, mentre il futuro fa temere nuove restrizioni e un incedere di “zone rosse” i cui effetti potrebbero portare a nuovi, gravissimi contraccolpi sul piano economico.

Ma riavvolgiamo il nastro: è il Dpcm del 9 marzo 2020 firmato dall’allora presidente del consiglio Giuseppe Conte a fissare una sorta di “serrata” del Paese che si protrarrà fino al 4 maggio. In primavera e in estate le riaperture, prima del ritorno dei divieti dell’autunno e dell’inverno.

“Fu una mazzata per il comparto florovivaistico prealpino, per il quale l’emergenza Coronavirus si andò ad innestare su una situazione già difficile, con le imprese costrette a fronteggiare concorrenza estera e burocrazia” ricorda Fernando Fiori, presidente di Coldiretti Varese. “L’emergenza coronavirus andò ad abbattersi proprio nel momento di maggiore produzione di un comparto caratterizzato da prodotti stagionali,  considerato che proprio da marzo a metà maggio si va a concentrare la grande maggioranza delle vendite annuali: già nei giorni precedenti a quel decreto, ci eravamo trovati a fronteggiare perdite di oltre il 70%, con la chiusura dei negozi al dettaglio la situazione si ancora peggiore. La crisi finì con il colpire tutti i comparti dell’agricoltura prealpina, e bloccò sul nascere anche la stagione turistica nei nostri territori”.

Il resto è storia ormai nota: i floricoltori costretti a distruggere fiori e piante bloccate in vivaio, con fioriture che si susseguivano ogni 15 giorni; in più, le disdette degli ordini per il blocco del mercato interno che arrivavano a pioggia e, per quanto riguardava l’estero, una situazione ancora peggiore, date le difficoltà di consegna e la situazione di caos che si registrava in molte frontiere. Le cronache di quei giorni registravano, infatti, il moltiplicarsi di carichi di prodotti florovivaistici fermati alle dogane dei Paesi vicini, Francia in primis, e messi in quarantena senza alcuna motivazione, dato che l’immissione delle piante sul mercato, già al tempo, non avrebbe provocato alcun rischio di diffusione del virus.

Il danno, in ogni caso, fu dirompente per l’intero territorio della provincia prealpina: nonostante le dimensioni ridotte comprensorio e la forte urbanizzazione che ne connota il territorio, il Varesotto è oggi la terza realtà, per dimensioni, nel panorama lombardo. Gli stessi numeri ne supportano ne la strategicità: il sistema ortoflorovivaistico varesino è articolato in oltre 800 imprese operanti, con una superficie totale di oltre 6 milioni di mq (1,9 mln coltivati a vivaio, con il 10% di superficie protetta, tra serre riscaldate e non). Oltre metà della superficie totale (55%) è dedicata esclusivamente alle colture florovivaistiche.

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