L’Arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini ha celebrato in Consiglio regionale la Santa Messa di Natale

Nella pausa dei lavori consiliari, l’Arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini ha celebrato oggi in Consiglio regionale a Palazzo Pirelli la Santa Messa di Natale per i dipendenti e i Consiglieri regionali. Un appuntamento importante che fa seguito al richiamo alla nobiltà della politica e del servizio alle istituzioni che l’Arcivescovo ha svolto nel suo recente “Discorso alla città tenuto nella Basilica di Sant’Ambrogio il 6 dicembre scorso alla vigilia della festa patronale.

Al termine della celebrazione eucaristica, il Presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi con il Vice Presidente Carlo Borghetti e il Consigliere Segretario Giovanni Malanchini hanno fatto dono all’Arcivescovo del volume che raccoglie i cinque anni di questa ultima legislatura regionale con uno sguardo di prospettiva sui fatti e gli eventi più significativi che hanno caratterizzato la società lombarda.

Di seguito il contenuto dell’omelia dell’Arcivescovo, che si è concentrata sul tema “Almeno una casa, almeno una gioia, almeno una speranza”.

Dove contano i numeri, i protocolli, il consenso
Abitiamo in un mondo in cui contano i numeri: i numeri per avere la maggioranza, i numeri per stendere il bilancio, i numeri per fare delle previsioni, i numeri per calcolare le probabilità, i numeri per allocare risorse, i numeri per programmare gli investimenti. Contano i numeri per vincere o per perdere.
Il mondo in cui elaborano i protocolli, le procedure: i protocolli per definire le procedure in modo da evitare possibili pericoli, i protocolli per agire in sicurezza, le procedure per consentire il controllo, le procedure perché si possano evitare denunce, le procedure per non assumersi responsabilità personali, le procedure per accumulare documentazione e gonfiare pratiche, procedure per documentare il controllo e il controllo del controllo e il controllo del controllo del controllo, tendenzialmente infinito, per prevedere e impedire irregolarità, trasgressioni, corruzioni.
Abitiamo il mondo in cui contano i consensi, curare l’immagine, esibire i risultati, curare il consenso per cui la rassegna stampa viene prima delle preghiere del mattino, i messaggi sui social sono più determinanti dell’esame di coscienza della sera.

Una casa sui monti di Giudea
Prendo la parola in questo mondo dei numeri, dei protocolli, degli algoritmi del consenso e del mercato, per annunciare il Vangelo. C’è un annuncio così irrilevante per le statistiche, così estraneo ai protocolli, così indifferente ai consensi che rivela le vie che Dio percorre per compiere la sua volontà, per attuare il suo progetto. Come se Dio dicesse: non i numeri, ma i nomi, Maria, Elisabetta, Zaccaria; non il censimento di tutta la terra, ma quello che avviene in una casa; non l’indagine per definire un indice di gradimento, ma la grazia per dare gioia a un bambino.
L’opera di Dio si compie non nel palazzo dei potenti, ma in una casa qualsiasi, di una città senza nome da qualche parte sui monti di Giudea.

La vocazione alla fraternità
Sono due mondi estranei, destinati a essere reciprocamente indifferenti? Da una parte resterà il mondo dei numeri senza volto che sono quelle che contano e dall’altra le storie dei volti che non contano, le vite private condotte in case qualsiasi in città senza nomi?
Noi celebriamo l’Eucaristia come la grazia che costruisce la comunità, che convoca per la fraternità. I cristiani presenti là dove contano i numeri, là dove si decidono le procedure, là dove si insegue il consenso hanno una missione compiere per essere testimoni dell’opera di Dio. Il Signore ci chiama e ci affida il compito di servire, di essere tra la gente come chi imita Gesù che non è venuto per essere servito, ma per servire.
I discepoli di Gesù esplorano le vie perché il palazzo sia al servizio, la politica sia servizio, le risorse, le procedure, le attenzioni siano al servizio. Siamo chiamati percorrere le vie che fanno della società una convivenza fraterna.

Quali vie?
Non ci sono ricette, ma il Vangelo può suggerire un apprendistato, un esercizio personale: non teorie, non appelli, non proclami.
Visita almeno una casa. Porta la gioia, almeno a un bambino. Che sia offerta almeno una parola di speranza.

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