Varese ricorda i suoi caduti al Sacrario di Belforte tra memoria, fede e un monumento che chiede rispetto

A Varese, il primo giorno di novembre non è soltanto la festa di Ognissanti. Da ormai quindici anni, questa data è anche quella in cui la città si ritrova al Sacrario dei Caduti di Belforte per onorare la memoria di chi ha dato la vita per la Patria.

Una tradizione che nel tempo si è consolidata, proprio perché la Commemorazione dei Defunti, celebrata il giorno successivo, non è considerata festività civile. Così, nel silenzio composto del cimitero di Belforte, la città rinnova ogni anno un rito che unisce fede, gratitudine e memoria.

Sabato 1° Novembre, in un momento carico di raccoglimento, si è svolta la cerimonia di commemorazione dei caduti. Erano presenti il prevosto di Varese, mons. Gabriele Gioia, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, generale Giuseppe Coppola, il comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Marco Gagliardo, il questore Carlo Ambrogio Mazza, e il sindaco di Varese, avvocato Davide Galimberti.

Accanto a loro, le associazioni d’arma, gli Alpini, ed un gruppo di rappresentanti del comitato dell’Associaizone Nazionale Veneizia Giulia e Dalmazia (ANVGD) di Varese, guidato dal presidente dott. Pier-Maria Morresi, in rappresentanza degli esuli e dei loro discendenti.

Davanti al monumento ai caduti e alla lapide dedicata agli esuli istriani, fiumani e dalmati, è stata deposta una corona di fiori. Un gesto semplice ma denso di significato, compiuto in un luogo che dovrebbe essere simbolo di rispetto e di raccoglimento, ma che purtroppo mostra ancora oggi i segni del tempo e dell’incuria.

La cappella che ospita la lapide, infatti, versa in condizioni di visibile deterioramento. I lavori di restauro, iniziati da anni, non sono mai stati completati e il degrado avanza, tra l’amarezza di chi vorrebbe che questo spazio sacro tornasse al suo splendore originario. Molti esuli e figli di esuli vivono nella speranza che si concludano i lavori, restituendo al monumento la dignità che merita. Il Sacrario dovrebbe essere, infatti, un luogo di preghiera e riconoscenza, dove il tempo si ferma per ricordare chi ha sacrificato la propria vita per l’Italia, e dove anche la pietra diventa testimonianza viva di memoria.

Proponiamo qui di seguito il discorso tenuto dal presidente Anvgd Comitato di Varese, Pier-Maria Morresi in occasione della ricorrenza dei defunti: “l’azione inesorabile del tempo non lascia scampo mutando inevitabilmente l’aspetto di cose e di donne e uomini. L’osservatore attento troverà che in quaranta anni tutte le voci di quel Consiglio dell’ANVGD si sono spente. Il marmo testimonia la volontà del gruppo dirigente varesino di ‘ricordare per capire la tragica storia di donne e uomini del nostro confine orientale d’Italia’. Per far acquisire alla Collettività piena conoscenza di quelle pagine di storia che sino a poco tempo fa erano patrimonio, purtroppo, solo di pochi. È stata una sfida che hanno saputo raccogliere, favorendo e supportando la affissione di questa lapide. Lapide che è Testimonianza. Insieme all’ANVGD si è cercato di affermare il primato della verità, sull’oblio nel quale noi Esuli siamo stati per troppi anni confinati e costretti. Affermare il diritto e dovere alla conoscenza. Ricordare per capire la tragica storia del nostro confine orientale. Questo momento non è solo privato, anzi, il culto dei Defunti rientra nella più antica forma di memoria culturale e collettiva. La testimonianza di voci ormai spente ha quindi il valore simbolico di condividere la memoria di chi non c’è più, e ci aiuta a costruire un rituale collettivo di elaborazione di un lutto che è lutto di tutti. Serve a dare nome alle violenze passate sotto silenzio, ad accompagnare l’elaborazione del vissuto, a condividere l’esperienza dolorosa con gli altri, e a obbligarci come società a fare i conti con il passato. Questa esigenza non è legata solo alla necessità di impedire che gli oltraggi trascorsi nel tempo siano dimenticati o che possano eventualmente ripetersi, ma è soprattutto volta a connotare, con nuovi significati, eventi appartenenti al passato per dar vita a un futuro diverso. In questo senso il debito è legato al presente, ma lo è soprattutto al futuro.”

Le parole del dottor Pier-Maria Morresi, presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), sono un invito a non lasciare che la memoria si consumi insieme al marmo che la custodisce. Il Sacrario di Belforte, con le sue ferite e la sua storia, ricorda che la memoria collettiva è un patrimonio fragile, che va difeso non solo con le cerimonie, ma anche con la cura quotidiana dei luoghi che la rappresentano.

Ricordare, pregare, restaurare: tre gesti che uniscono passato, presente e futuro, perché il sacrificio di chi ha dato la vita per la Patria non diventi mai soltanto una pagina ingiallita di storia.

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