Varese ricorda i caduti

In occasione della celebrazione di Ognissanti della tradizione religiosa cristiana, martedì 1° novembre, Varese si è riunita al cimitero di Belforte e con una Santa Messa al Sacrario dei Caduti alla presenza delle Autorità ha ricordato i caduti di tutte le guerre.

La cerimonia è continuata alla lapide di marmo dove sulla parete del Sacrario è stata posata una corona di alloro. Monumento realizzato nel 1992 dal Comitato provinciale di Varese dell’ A.N.V.G.D.

Sulla lapide sono riportate queste parole: Agli istriani fiumani dalmati caduti in guerra, infoibati scomparsi in esilio in Patria e nel mondo. 1947-1992 nel 45° dell’esodo l’Anvgd di Varese  

Pubblichiamo il discorso del dottor Pier-Maria Morresi, presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Varese.

“Desideriamo ringraziare vivamente i Presenti Signor Prefetto, Signor Sindaco, Signor Prevosto, unitamente a tutte le Autorità militari ed a tutte le rappresentanze di Associazioni d’arma per l’attenzione e per l’opportunità, che ci potete fornire, di trasmettere alle prossime generazioni il ricordo di tanti italiani che hanno visto negati i propri diritti, il proprio passato, il proprio futuro e la propria storia.

L’azione inesorabile del tempo non lascia scampo, mutando inevitabilmente l’aspetto di cose e uomini. Le persone defunte continuano a vivere idealmente grazie al moto di pietà coltivato dai vivi.

Il perché di questa Lapide. Partiamo dalla ultima riga: dalla firma. A.N.V.G.D. di Varese.

L’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia è la prima associazione a carattere nazionale sorta nel 1947, con lo scopo di raccordare e organizzare le decine di migliaia di profughi provenienti dai territori della Venezia Giulia e Dalmazia e ancora oggi, attraverso una vastissima rete organizzativa ed associativa di comitati si batte quotidianamente, per il mantenimento dei valori culturali e tradizionali di quelle terre dalle quali sono stati strappati.        

Valori ripresi dalla Legge 92/2004 di istituzione del Giorno del Ricordo, che ogni 10 febbraio riporta sotto i riflettori quei dolorosi eventi ma nel contempo anche i valori di identità nazionale a cui gli Esuli istriani, fiumani e dalmati sono legati.

La cerimonia di fronte a questa lapide posta nel 1992 [ventidue anni prima della legge citata ] è un appuntamento fondamentale in questo percorso che ci invita a riflettere sul senso della storia e sul valore della memoria ( non solo personale e familiare ) da custodire, preservare e trasmettere alle giovani generazioni. Per DARE UNA VOCE ai testimoni di un esodo. La lapide su questo Sacrario vuole essere letta come il titolo di un libro di storia italiana.

I libri è noto, testimoniano l’attività culturale che passa da generazione a generazione, mentre il tempo si cristallizza. E il lettore, leggendo, riaccende il tempo e lo fa rivivere, contribuendo al costruirsi della coscienza civile.

Si compie un dovere scrivendo, perché gli altri devono sapere. A ogni ora del giorno si ripete la dolorosa esperienza che consiste nell’accorgersi che gli altri non sanno, non immaginano nemmeno la sofferenza di altri uomini e il male che alcuni infliggono ad altri.

Allora si continua a fare il penoso sforzo di raccontare.

Di scrivere, perché non c’è molto altro che tanti Esuli pensavano di poter fare. Anche ora se chiedo ad uno di questi Esuli le motivazioni del suo impegno, mi sento rispondere:

<perchè è un dovere, il solo che si possa adempiere> . E poi alcuni continuano con: < ci sono uomini che sanno e che chiudono gli occhi, quelli non riuscirò mai a convincerli perché sono insensibili ed egoisti e io non ho autorevolezza. Ma gli altri, quelli che non sanno, e che forse hanno cuore per capire, sono quelli sui quali devo agire.

Infatti, come guarire l’umanità se non svelandole per prima cosa tutta la sua corruzione, come purificare il mondo se non facendogli capire la portata del male che si può commettere?>.

“Il Ricordo” non solo il 10 febbraio, ma anche oggi nella Commemorazione dei Defunti, con la posa e la benedizione della Corona d’Alloro pensiamo ad un momento di riflessione per tutta la Nazione italiana, in cui le parole foibe ed esodo istriano, fiumano e dalmata vengono ravvivate nel loro significato più drammaticamente profondo ma nel contempo in una fiduciosa prospettiva per il futuro.”

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