Varese, continua il Carnevale Ambrosiano senza feste ma coi dolci fatti in casa

Carnevale finito, ma non in provincia di Varese, dove nelle parrocchie di rito ambrosiano (la maggioranza del comprensorio provinciale) prosegue fino a domenica prossima, che segnerà l’inizio della Quaresima.

Un Carnevale senza carri e feste in maschera  – e ancor più dopo i nuovi timori legati alla pandemia – che però riscopre la tradizione dei dolci tipici fatti in casa: li prepara, nel Varesotto, circa 1 famiglia su 2 per dimenticare le ansie dell’emergenza Covid, andare alla ricerca della normalità perduta e ritrovare i “comfort food” della tradizione.

“La necessità di passare il tempo fra le mura domestiche a causa delle misure anti Covid ha spinto al ritorno della cucina casalinga fai da te con  la riscoperta di ricette e dolci della tradizione. La preparazione dei piatti tradizionali delle feste è – rileva la Coldiretti provinciale – così un’attività tornata ad essere gratificante per uomini e donne a anche come antidoto alle tensioni e allo stress provocate dalla pandemia. E fra gli strumenti di questa rivoluzione dei fornelli nelle case degli italiani, oltre a mattarello e frusta per le uova è arrivata – spiega Coldiretti – anche la macchina impastatrice entrata ufficialmente nel 2021 nel nuovo paniere consumi dell’Istat”.

Fra le specialità fatte in casa e i prodotti acquistati nei mercati di Campagna Amica, negli spacci agricoli, nei forni, nelle pasticcerie, nei negozi di alimentari e nei supermercati durante il Carnevale gli italiani – sottolinea Coldiretti Varese – consumeranno oltre 11 milioni di chili di dolci tipici con un costo che oscilla fra 5 euro al chilo di chi usa forno e fornelli casalinghi ai 15 ai 30 euro, con picchi anche di 65, per le diverse specialità che si possono trovare nelle panetterie e nelle pasticcerie.

L’Italia offre una scelta che non ha eguali al mondo – evidenzia Coldiretti – dai tortelli della Lombardia alle tagliatelle fritte dell’Emilia, dalla schiacciata toscana ai grostoli del Trentino, fino agli scroccafusi delle Marche ma anche la pignolata bianconera della Sicilia, il migliaccio della Campania, gli aciuleddi della Sardegna.

Le chiacchiere sono fra i dolci più diffusi da nord a sud dell’Italia, con appellativi e forme diverse: la leggenda racconta che la loro origine risalga – precisa la Coldiretti – ai tempi dell’antica Roma con il nome di “frictilia” ed erano realizzate con un impasto di farina e uova che veniva steso, tagliato e fritte nello strutto bollente e mangiato durante le feste, soprattutto nel periodo invernale.

Il Carnevale – ricorda la Coldiretti – prende le mosse dalla tradizione della campagna, dove segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile e l’inizio della semina nei campi che doveva essere festeggiata con dovizia. I banchetti carnevaleschi – conclude la Coldiretti – sono molto ricchi di portate perché, una volta in questo periodo si usava consumare tutti i prodotti della terra, non conservabili, in vista del digiuno quaresimale.

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