Alpini di Varese e Tradate sui luoghi della storia nel Giorno del Ricordo

“Giorno della memoria” e “Giorno del ricordo” costituiscono, nel corso di ogni anno, momenti in cui il genere umano riflette sulla propria storia, in particolar modo quella recente, dell’ultimo secolo. E la riflessione induce ad affermare che il Novecento non è stato soltanto lutti e tragedie (conflitti, annientamento delle persone nei ‘campi di lavoro’, ‘Shoah’, massacri delle ‘foibe’).

È stato anche il secolo in cui tanti popoli si sono liberati da forme di schiavitù, di dipendenza (colonialismo), si sono affermati e diffusi diritti sociali e civili, hanno fatto irruzione in tutto il mondo da protagonisti i movimenti di popoli o di persone emarginate. Ma hanno pesato come un macigno sulla vita di milioni di persone le due guerre mondiali, la ferocia delle dittature, le contrapposizioni ideologiche della guerra fredda.

E – come affermato nel 2015 a Montecitorio alla presenza del Presidente della Repubblica durante la Celebrazione del Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano-Dalmata – a pagare per tutto questo, insieme a milioni di esseri umani, ci sono stati anche i principi di verità e di giustizia. In particolare, sulle foibe è calato un muro di silenzio, si è voluto nascondere e si è preferito non parlare. Perché questa scelta?

“Dobbiamo assumerci la responsabilità – disse allora il Presidente Giorgio Napolitano – di aver negato, o teso ad ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali”. Ecco che cosa ha impedito che si parlasse delle foibe e dell’esodo cui furono costrette tante famiglie di italiani, in quella che è stata definita “una vera e propria ‘pulizia etnica’ perpetrata dalle autorità Jugoslave” (Montecitorio, Sala della Regina, 10 febbraio 2015).

Il “Giorno del ricordo” costituisce allora un’occasione di ritrovare la dignità dell’essere umano e le verità spesso taciute, calpestate con una serie di eccidi avvenuti anche negli anni immediatamente successivi alla guerra conclusa. Violenze fisiche (persone legate fra loro e gettate nelle foibe) e violenze morali (persone costrette a vivere nel terrore e ad abbandonare la propria terra, l’Istria e la Dalmazia, e poi non accolte benevolmente neppure dalla propria Patria, poiché sottoposte ad un giudizio ideologico gratuito ed ingiusto, quello di essere state complessivamente complici del precedente regime).

Dopo decenni di silenzio imposto (per i motivi sopra accennati) si riaffacciano le testimonianze di storici e di esuli (‘esuli’, non emigrati), sostenute dall’ammissione, anche ufficiale, di quanto infelicemente avvenuto in quegli anni.

Su proposta di legge d’iniziativa dei deputati Menia e altri (11 luglio 1995) – come da sito ufficiale della Camera dei Deputati – la Legge 30 marzo 2004, n. 92 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2004) ha istituito “il Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”: solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno.

Nel riconoscere lo stillicidio di brutalità che sono avvenute in quelle terre di confine orientale dell’Italia occorre, nel contempo, valutare – per un corretto giudizio storico – i fatti nel loro contesto. La geopolitica della regione sin dall’esperienza asburgica era stata aggravata dalle innumerevoli differenze etnico-culturali.

“Alcune parti d’Europa, come la riviera adriatica – afferma lo storico Raoul Pupo nel suo recente libro “Adriatico amarissimo” (2021, Laterza) – ebbero in sorte di provare in rapida successione alcune forme di dominio tra le più brutali fra quante popolarono il secolo breve: fascismo, nazismo, comunismo.

Le logiche della violenza s’inserirono con sconcertante facilità nelle fratture già esistenti nelle società locali e le allargarono fino a far esplodere le società medesime … Confine orientale, laboratorio della violenza politica del Novecento”. Con strascichi ideologici fino ai nostri giorni.

Non può sottacersi la complessità del quadro storico-politico, insieme alla prospettiva di rapportare – ma comunque di giustificare mai – i massacri delle foibe con la forzata italianizzazione, durante il Ventennio, delle terre di confine, di cultura da secoli a prevalenza italiana, specialmente sul litorale ed il primo entroterra.

Una commissione mista italo-slovena, istituita qualche anno fa, ha confermato in termini equilibrati la verità concernente gli avvenimenti di allora lungo il confine etnico, sottolineando “la responsabilità verso i rispettivi popoli, i due stati e la comune costruzione del futuro europeo”.

Nell’ambito delle voci che si sono levate su eventi tragici non sembra fuori luogo qui accennare anche all’intervento di mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, che proprio la sera del 10 febbraio scorso, in una rubrica radiofonica, parlava di ‘sguardo malato’ che induce a vedere il male solo negli altri e poco in se stessi.

Sul fatto delle foibe, dal punto di vista mediatico – nella programmazione serale del 10 febbraio scorso – Rai3 ha trasmesso il lungo e circostanziato servizio “Io ricordo – La terra dei miei padri”, toccanti testimonianze di esuli e di parenti di esuli giuliano-istriano-dalmati.

Anche nelle pagine della recente pubblicazione “Testimoni di un esodo” (a cura di D. Salambat e A. Comuzzi), con Prefazione di mons. G. Crepaldi arcivescovo di Trieste, un libro che fa giustizia su troppi silenzi del recente passato, si possono ascoltare le voci di chi, anche dopo tanti anni di lontananza, non ha dimenticato l’amata terra istriano-dalmata.

Dunque, il 10 febbraio scorso si è tenuta la cerimonia commemorativa del “Giorno del Ricordo” a Basovizza (Trieste), luogo di una delle foibe più tragiche, una voragine profonda oltre 200 metri (sito di un preesistente pozzo minerario) dove furono gettati e trovarono la morte migliaia di persone. E a ricordo di tutte le vittime degli eccidi, sull’area è stato costruito un Sacrario inaugurato il 10 febbraio 2007 con l’annesso ‘Centro di documentazione’.

Alla solenne cerimonia era presente anche una delegazione di cittadini tradatesi e dell’Associazione ANA (Alpini) della Sezione di Varese (con il consigliere A. Galmarini) e del Gruppo di Tradate col capogruppo e alcuni consiglieri.

Al luogo della cerimonia, indetta nel Giorno del Ricordo e promossa dal Comune di Trieste e dal Comitato per i Martiri delle foibe, sono accorsi parenti di persone ‘infoibate’, enti, associazioni, istituzioni, autorità civili, militari, religiose: un lungo elenco che chi scrive ha il dovere di riportare evitando il pericolo di ometterne qualcuna, vista l’importanza e il significato. Dunque, le citiamo, riproponendo quanto avvenuto durante la solenne cerimonia.

Medaglieri Nazionali dell’Istituto del Nastro Azzurro, dell’Associazione Nazionale del Fante, dell’Associazione Nazionale Alpini e dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria, il Gonfalone della città di Trieste (decorato al di m. d’oro al V.M.), il Gonfalone della città di Marostica (decorato di m. d’oro al V.M.).

I Gonfaloni della Regione autonoma Venezia Giulia e di alcuni comuni locali. Presenti i rappresentanti ed i Labari della Lega Nazionale delle Associazioni degli esuli istriani fiumani e dalmati, ed i liberi Comuni di Fiume Pola e Zara in esilio; della Federazione Grigioverde e delle Associazioni combattentistiche e d’Arma.

Presenti altresì le classi di studenti ed insegnanti di varie scuole triestine e di Istituti scolastici di Terracina (Latina), tutti accompagnati dai dirigenti scolastici e dai docenti. Inoltre presente una delegazione di atleti e dirigenti della Lega Nazionale Dilettanti, nell’ambito di un progetto di sensibilizzazione sui temi della Memoria, organizzato dal neo costituito Dipartimento Sociale della Lega stessa.

A rendere gli onori militari un picchetto in armi del Reggimento Piemonte Cavalleria Secondo. L’Alzabandiera a cura del medesimo Reggimento e dell’Associazione Alpini Sezione di Trieste “medaglia d’oro al V.M. Guido Corsi”, eroe triestino che lasciò la vita sul monte Valderoa, là dove la lasciò anche un altro eroe, l’alpino tradatese Gianluigi Zucchi, ponendosi davanti al proprio capitano per difenderlo dalla baionetta avversaria.

Presente il vice presidente del Comitato Martiri delle foibe e della Lega Nazionale e il presidente Basile della Federazione Grigioverde, che ha dato lettura della motivazione della M. d’oro al V.M. concessa alla città di Trieste.

Resi gli onori ai Martiri delle foibe, con la deposizione di due corone da parte delle Istituzioni, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: hanno seguito la corona il Ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ceriani, il Commissario del Governo nella Regione Friuli Venezia Giulia il Prefetto di Trieste Pietro Signoriello.

L’altra corona, accompagnata da esponenti della Regione autonoma e dal suo presidente Massimiliano Fedriga, e dal sindaco di Trieste Di Piazza. Deposta inoltre una corona accompagnata dall’avv. Paolo Sardos Albertini, presidente del Comitato per i Martiri delle foibe e della Lega Nazionale, da altre autorità tra cui il Presidente dell’Associazione Nazionale Alpini Sebastiano Favero e il Presidente dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria Alibio Mugnaini.

Altre corone ancora, da parte dell’Associazione degli Esuli istriani fiumani e dalmati; dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia (presidente Renzo Codarin); dell’Unione degli Istriani Libera Provincia dell’Istria in esilio (presidente Massimiliano Làpota); dell’Associazione delle Comunità istriane (presidente David Di Paoli Paulovich).

L’arcivescovo Amministratore apostolico di Trieste, mons. Giampolo Crepaldi, ha presieduto la liturgia della parola, intervenendo con l’evocazione delle violenze accadute e l’esodo di migliaia di connazionali, che “interpellano la coscienza umana, cristiana e civile”, ed impartendo poi la benedizione ai caduti di tutte le foibe.

E’ stata data lettura della preghiera composta dall’arcivescovo predecessore mons. Antonio Santin per le vittime delle foibe, un documento – ha affermato mons. Crepaldi – che “descrive in maniera impeccabile la tragedia delle foibe, forse il documento più coinvolgente, più alto e più bello che sia stato scritto su questa tragedia”.

Hanno preso la parola, successivamente, i già citati Paolo Sardos Albertini, Roberto Di Piazza, Massimiliano Fedriga, Luca Ceriani.

Un lungo e commosso applauso finale a tutte le vittime della violenza, con la consapevolezza che la “storia” passa anche attraverso la nostra ‘memoria’.

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