Marzo 1848 una speranza per l’istria

Proponiamo un contributo di Claudio Fragiacomo, consigliere dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Milano (Anvgd) sul tema i moti del “Marzo 1848”.

di Claudio Fragiacomo. Dopo alcuni decenni di tetro, odioso governo austriaco, che faceva ammettere al Conte Stadion, governatore di Trieste e del Litorale, in un suo rapporto a Vienna, che nessuno dei consiglieri del governo della città…” neanche con un giro alla sfuggita per il paese, si è mai dato cura di rilevare ed esaminare da sé i luoghi, le relazioni, i mezzi” e che inoltre tutti i consiglieri… “senza eccezione, conoscono il paese soltanto dagli atti di ufficio” la situazione mutò in tutta la penisola istriana e si sviluppò una viva inquietudine per quanto succedeva in tutta Europa e in Italia. Milano era insorta contro gli austriaci ed analoghi fermenti di libertà erano avvertibili in altri stati della penisola.

Anche gli animi dei più ferventi patrioti istriani, appartenenti al partito liberal-nazionale, si accendevano con nuove speranze per quello che stava succedendo, particolarmente a Venezia, ed il loro entusiasmo si trasferiva alla popolazione. Comparvero nelle piazze le prime coccarde tricolori, ottenute aggiungendo il verde alle bianco-rosse austriache; vaste, classi della popolazione, soprattutto quegli strati legati alle attività marinare, espressero una tendenza separatista piuttosto che autonomista, come invece avveniva a Trieste, dove, per dirla come Pietro Kandler (storico, archeologo e giurista italiano, 23 Maggio 1804-18 Gennaio 1872) ”non mi vergogno di essere austriaco e triestino”, intendendo con ciò professare lealtà nell’ appartenenza all’Austria ma reclamando autonomia nell’amministrazione e libertà nell’ uso della lingua italiana.

In quei giorni, dopo che Milano era insorta e Carlo Alberto, spinto dall’incalzare degli avvenimenti, aveva accordato lo Statuto, insorgeva Venezia. L’insurrezione iniziò il 17 marzo 1848 ed il giorno 22 l’avvocato veneziano Daniele Manin aveva proclamato il Governo Provvisorio. Venezia giocava un ruolo particolare nelle vicende politiche nella penisola istriana. Così scrive il Professor Giuseppe De Vergottini (l’attuale Presidente della Federazione degli Esuli): “Per molti italiani della provincia (istriana, n.d.r.) fu del tutto naturale considerare il moto risorgimentale come accomunante il destino dell’Istria a quello delle province venete cui la penisola istriana era storicamente legata”.

All’insurrezione di Venezia, durata 18 mesi, parteciparono numerosi volontari istriani, proprio per la vicinanza spirituale che ancora li legava alla Repubblica di San Marco, e che rimpiangevano dopo l’opaco periodo di dominazione austriaca, il periodo veneziano: Nicolò Tommaseo, dalmata di Sebenico, Tommaso e Giuseppe De Vergottini di Parenzo, e molti altri patrioti istriani accorsero in aiuto di Daniele Manin.

Contemporaneamente, in Istria, le città più “irrequiete”, quali Pirano, Rovigno e la stessa Pola (quest’ultima per la presenza della marineria quasi totalmente veneta nella flotta austriaca), venivano tenute sotto controllo dagli Austriaci, e la flotta austriaca incrociava fra l’Istria, Trieste e Venezia per impedire un possibile intervento della flotta sabauda. Gli animi si erano ormai accesi e, nella speranza di poter imitare quanto accaduto a Venezia, gli Istriani incominciarono a pensare ad un possibile distacco dal regno d’Austria.

Le vicende successive, con la sconfitta dell’esercito sabaudo e la richiesta dell’armistizio da parte di Carlo Alberto, costituirono una doccia fredda nelle speranze dei giuliani. L’ampio e ricco territorio della Lombardia e di parte del Veneto ritornarono agli austriaci, col che anche la sorte di Venezia era segnata. Sottoposta ad uno stretto blocco navale, la città di San Marco dovette cedere ed arrendersi agli austriaci.

Era l’Agosto del 1849. Per inquadrare storicamente questi avvenimenti, è opportuno rivolgere lo sguardo all’ambito europeo. Nell’estate 1849 la ventata rivoluzionaria che aveva scosso l’Europa, si era conclusa: nell’impero austriaco una serie di azioni repressive aveva sedato le spinte libertarie soprattutto ungheresi, che avevano provocato il maggior numero di vittime.

Francesco Giuseppe era salito al trono, sostituendo il mite e irresoluto Ferdinando. Nell’ultima parte del suo regno, Ferdinando, sulla spinta dei moti di Vienna del marzo 1848, aveva concesso una carta costituzionale, che apriva le porte ad una monarchia costituzionale. Ma tale offerta era stata rifiutata dai rappresentanti degli insorti, in quanto “concessa dal sovrano” e non negoziata attraverso un processo costituzionale.

La carta costituzionale del 24 Aprile 1848 era stata perciò ritirata senza mai essere entrata in vigore, e immediatamente dopo erano stati indetti i comizi elettorali. Questi si svolsero anche nelle terre del Litorale, e nelle conseguenti elezioni del giugno successivo venivano eletti quattro rappresentanti istriani, appartenenti all’ala liberale. Questi si recarono a Vienna e diligentemente attesero alle diverse sessioni della costituente. Proposero che la lingua italiana fosse eletta come lingua ufficiale in Istria e si opposero, sulla stampa locale e internazionale alla proposta di un delegato che partecipava alla costituente germanica a Francoforte, che l’Istria fosse inglobata nella Confederazione Germanica.

L’Assemblea costituente funzionò a singhiozzo ed in Luglio fu temporaneamente interrotta, per poi riprendere in autunno spostandosi dalla sede di Vienna a quella di una cittadina morava (Kremsier), dove alla fine fu redatta una nuova costituzione. Essendo sorte delle difficoltà, Ferdinando abdicò in favore del nipote Francesco Giuseppe, il quale ritirò la proposta costituzionale di Kremsier e ne promulgò all’inizio 1849 una nuova dalle marcate caratteristiche assolutistiche.

Iniziò così un decennio di restaurazione dello stato in senso assolutistico, che si concluse nel 1860. Gli avvenimenti che seguirono, la proposta di indire delle diete (assemblee), per dare voce alle comunità locali, anche se ancora in forma tutt’altro che democratica, portarono all’episodio della “Dieta del Nessuno”, che per il suo significato costituirà oggetto di un prossimo contributo.

(credit immagine “Ansa.it)

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